Anche nella terza domenica di Avvento, che per la vicinanza del Santo Natale è chiamata Domenica della gioia, il Vangelo ci presenta nuovamente la figura di Giovanni Battista che “è mandato da Dio” con un compito specifico quello di “dare testimonianza alla luce”.
Come abbiamo già notato la settimana scorsa il Battista ha ben chiara la sua missione e al fine di evitare ogni eventuale equivoco confessa chiaramente: «Io non sono il Cristo», né Elia e neppure “il profeta”.
Generalmente commentando questo brano si è soliti sottolineare l’umiltà del Battista, il fatto che ha il senso della misura e non ha la pretesa di occupare un posto che non gli spetta. Tutto questo è vero sicuramente. Ma poche volte ci si sofferma invece su una espressione che troviamo sulla bocca del Battista e che ritengo sia di una straordinaria attualità ai nostri giorni.
Mi riferisco a quello che Giovanni, con autentica franchezza, ripete al gruppetto che era stato inviato dai farisei per interrogarlo: “In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete…”.
La notorietà del Battista avrà di sicuro allertato i pii e religiosi farisei, i quali vogliono subito rendersi conto di quello che stava accadendo “al di là del Giordano”. Ma il Battista sposta subito l’attenzione dalla sua persona a quella di Gesù. Per questo si preoccupa subito di evidenziare: “In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete…”.
Anche oggi Gesù continua a stare “in mezzo” a noi, ma siamo sicuri di conoscerlo? Per molti Gesù è come una specie di reperto archeologico che grande e importante per quanto possa essere appartiene però al passato; per altri è qualcuno sicuramente grande, ma che in pratica non ha molto da dire alla nostra vita di ogni giorno con i suoi grovigli e le sue difficoltà. Per altri ancora la persona di Gesù si può mettere accanto ad una delle tante figure che nella storia hanno lasciato un insegnamento, ma oggi è come se fosse fuori moda.
Proviamo a chiederci con tutta sincerità: cosa penso di Gesù? E ancora: Gesù ha a che fare concretamente con la mia vita? Posso dire di conoscerlo veramente?
Per un cristiano autentico credo che non ci sia amarezza più grande dell’accorgersi – per dirla con le parole di San Francesco d’Assisi – che “L’Amore non è amato”.
Conoscere Gesù non significa avere di Lui una comprensione di tipo semplicemente intellettuale, ma vuol dire prima di ogni altra cosa amarlo, corrispondendo cioè al suo amore con il nostro amore.
Vogliamo allora augurarci che la nostra conoscenza di Gesù sia sempre una conoscenza di prima mano, una conoscenza diretta, mai per sentito dire, continua, sempre crescente, appassionata, contagiosa, cioè capace di comunicarla a tutti, prima ancora che con le parole attraverso ogni espressione della nostra vita.
p. Enzo Smriglio