Domenica 28 febbraio 2021

Le prime due domeniche dell’itinerario quaresimale ogni anno sono scandite da due ben precise pagine evangeliche: nella prima domenica, come abbiamo visto la settimana scorsa, il brano delle tentazioni nel deserto, questa settimana, invece, il brano della trasfigurazione di Gesù sul monte Tabor.

Di questa meravigliosa pagina evangelica, che quest’anno ascolteremo secondo la versione dell’evangelista Marco, vorrei fare qualche semplice sottolineatura. Anzitutto dal brano si capisce che Gesù ha esplicitamente condotto i tre Apostoli, testimoni della sua Trasfigurazione, “su un alto monte” e l’evangelista sembra che ci tenga a precisare che erano “in disparte, loro soli”. È chiaro, dunque, che bisogna essere “su un alto monte” e “in disparte” per poter vedere Gesù trasfigurato. Come non pensare in questo momento al dialogo tra il celebrante e l’assemblea che precede il prefazio durante la celebrazione della Santa Messa. Il sacerdote celebrante dice “In alto i nostri cuori” e l’assemblea all’unisono risponde: “sono rivolti al Signore”. Vogliamo davvero augurarcelo dal più profondo del cuore che i nostri cuori siano “in alto” perché sono “rivolti al Signore”. Per questo faremmo bene a tenere sempre presente che l’uomo diventa ciò che guarda con gli occhi del cuore. Ci viene offerta la possibilità di poter essere, nella misura in cui riusciamo a rimanere “in disparte” e da “soli” con Gesù un riflesso vivente della sua bellezza trasfigurata. La preghiera apre le porte della luce e la luce risplende sul volto di chi prega. Potremmo pure dire: dimmi che cosa guardi e ti dirò chi sei.

A tutti credo che ci sia capitata almeno una volta nella vita l’esperienza di incontrare una persona dal volto così luminoso che ci ha fatto subito pensare: è stato a colloquio con Dio. L’intimità con Gesù ci fa fare un’esperienza di vera e propria trasfigurazione. Ognuno di noi rimane quello che è, ma il suo volto è come preso dalla luce che ha dentro. Con le stesse parole di Padre Davide Maria Turoldo ognuno può dire: “io non sono ancora e mai il Cristo, ma io sono questa infinita possibilità”. Che sublime potenzialità è offerta allora a chiunque assume la postura spirituale del docile ascolto di colui che è il Figlio “amato”.

Affascinati dalla Divina bellezza di Gesù proseguiamo l’itinerario quaresimale continuando a tenere lo sguardo contemplativo fisso sul suo volto trasfigurato e, mentre assieme all’Apostolo Pietro ripetiamo “è bello per noi stare qui”, crescerà in noi la convinzione che il privilegio di stare accanto a Lui non solo ci consente di contemplare la bellezza della sua luce, ma ci dà anche la gioia di diventare un riflesso della sua bellezza di Figlio “amato” perché pure noi ci scopriamo “figli nel Figlio” e di conseguenza amati nel Figlio “amato”.

p. Enzo Smriglio