I ministeri istituiti nella Chiesa. Identità e compiti del catechista

“I ministeri istituiti nella Chiesa. Identità e compiti del catechista”” è stato il tema del convegno dei catechisti della diocesi, a cui hanno partecipato anche gli insegnanti di Religione Cattolica, che si è tenuto nel salone “San Giovani Paolo II”  della parrocchia “Maria Santissima di Czestochowa” di Rocca di Caprileone. Il convegno è stato organizzato dall’Ufficio Catechistico Diocesano, diretto da don Vincenzo Rigamo ed è stato “arricchito” dalle riflessioni di don Domenico Messina, della diocesi di Cefalù, docente di Liturgia, che ha avuto, quale punto di riferimento, la Lettera Apostolica “Desiderio desideravi” di Papa Francesco sulla formazione liturgica del popolo di Dio.

Don Domenico ha evidenziato più volte, in modo chiaro ed efficace, che il “luogo generativo è il cenacolo, dove Gesù rivela pienamente il desiderio di condivisione con l’umanità. Gesù mette in noi il suo desiderio e noi siamo attratti dal suo desiderio”. Sottolineando che “quello che è accaduto nel cenacolo ripropone le dinamiche trinitarie, la circolarità dell’amore oblativo”, il relatore, prendendo spunto dal brano evangelico dei discepoli di Emmaus, ha rimarcato che “dalla comunità non si può scappare; se si fa, si rischiano cecità, amnesia e cuore poroso”. “La liturgia – ha proseguito – è il desiderio del nostro Dio di comunicare a noi la sua vita divina, è la storia della salvezza che continua. Cristo che annunciamo è lo stesso che celebriamo e che serviamo e cristiano non è un aggettivo: è la mia identità. Non ci possono essere catechisti senza vita liturgica”.

Quindi, ha tratteggiato l’identikit del catechista, partendo dal fatto che “dall’ultima cena alla morte quella di Gesù è una continua consegna”. “Il catechista deve fare eco al Vangelo e vivere l’esperienza quotidiana della Parola. E’ mistagogo perché porta a Cristo e se dà la mano è perché conosce il percorso e la meta. Deve avere la percezione dell’umanità degli altri, a cui veicolare la fede, deve lasciarsi formare per formare; deve fare propria la missione della Chiesa: non esiste il noi e il voi, l’io e il loro; è l’anello di congiunzione con le giovani generazioni e con chi gli sta accanto; deve avere la passione della Chiesa e per la Chiesa e l’umiltà di utilizzare sempre il noi”.

Il convegno si è concluso con la celebrazione della Liturgia della Parola, scandita sempre dal brano dei discepoli di Emmaus. Nella sua riflessione, il nostro Vescovo Guglielmo ha evidenziato che “chi fa catechesi accompagna i passi di chi vuole incontrare Gesù. Ma come si può parlare di Cristo agli altri se prima noi non lo vediamo e riconosciamo ? Perché la catechesi porti frutto è importante sentire la presenza di Gesù”. “Spesso – ha proseguito – facciamo fatica a riconoscere il volto di Gesù, a percepire la presenza del Risorto, perché viene meno lo stupore, come capacità di fermarsi, di fare silenzio, per percepire la presenza del Signore che ci sta accanto. Il discepolo che ha capito la logica della croce e del pane spezzato non ha più bisogno di vedere Gesù; ogni volta che si annuncia la Parola e si spezza il pane, si vede Gesù e si fa comunione, perché si vive l’unica appartenenza”. Monsignor Guglielmo ha rimarcato un aspetto fondamentale della catechesi: “Deve suscitare domande e non avere sempre risposte pronte per tutto. Per suscitare domande è più importante l’ascolta che parlare; le domande favoriscono la scelta di senso personale e comunitario, per accendere nel cuore la speranza soprattutto quando essa sembra spegnersi”. “I catechisti – ha aggiunto- devono essere capaci di far smuovere qualcosa dentro, perché quando le domande premono ci si sente in cammino, alzandosi dal torpore. La vita è un cammino e il cammino apre sempre nuovi orizzonti. In questo cammino Gesù si accosta, non invade, non pretende di dirigere il passo. L’ascolto è determinante in ogni azione educativa e significa rispetto della libertà e ciò apre alla fiducia”. “Oggi, spesso, – ha affermato ancora il Vescovo – incontriamo persone stanche, deluse, col volto triste, preoccupate per il futuro; uomini e donne col cuore ferito ma non chiuso, che permette alla fede di entrare e portare luce”.

“Il catechista, con la sua vita, – ha concluso il Pastore della nostra Chiesa –  deve fare risuonare le parole del Vangelo in ogni cuore. Così si arricchiscono gli altri ma arricchiamo anche noi stessi. Vi chiedo, quindi, un maggiore impegno nel coltivare la vocazione di catechista con l’ascolto quotidiano della Parola, la preghiera e la testimonianza”.

Al termine della Liturgia della Parola il Vescovo ha benedetto i catechisti e li ha inviati in missione “testimoni della fede, maestri, mistagoghi e accompagnatori, per istruire e comunicare il Vangelo”. Infine, ha consegnato a ciascuno l’immagine dei discepoli di Emmaus con la preghiera di inizio del nuovo anno catechistico. 

Nicola Arrigo