Il Vangelo della 22a Domenica del Tempo Ordinario (1 settembre 2019)

Nozze di Cana - Michele Damasceno

Gesù è ospite a casa di un capo dei farisei e mentre si sente osservato ha modo di notare lui stesso come gli altri invitati man mano che arrivavano sceglievano tutti i primi posti.

Questa avida scelta dei “primi posti” offre l’occasione a Gesù per rivolgere un insegnamento molto utile agli invitati di quel sabato ma anche ad ogni suo discepolo di tutti i tempi.

Un insegnamento riguardante l’esigenza di essere sempre modesti, mai altezzosi, in ogni occasione umili e che è sintetizzato nella ben nota (ma non per questo molto praticata!) espressione evangelica: «chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato». Esaltarsi. Umiliarsi!

Due prospettive potremmo dire diametralmente opposte.

Chi sceglie la logica dell’esaltazione come bussola per la propria vita finirà per considerarsi sempre “sopra” gli altri e per logica conseguenza gli altri saranno sempre considerati come possibili ‘sgabelli’ oppure utili ‘strumenti’.

Invece chi ha il coraggio di scegliere la logica della evangelica modestia finirà per ritenere gli altri sempre dei “compagni di viaggio”, dei fratelli da servire e mai delle persone di cui ‘servirsi’.

Chi umanamente è sempre pronto ad esaltarsi vivrà da ‘esaltato’ sempre pronto ad ergersi ad di sopra degli altri e con aria tracotante si abituerà a vedere sempre e tutto dall’alto in basso, giudicherà con asprezza ogni cosa che lo circonda e finirà con l’illudersi di poter bastare a se stesso e di poter fare a meno degli altri e anche di Dio stesso.

È chiaro che uno stile di vita simile porterà la persona ad avere una esagerata considerazione di sé e in questi casi generalmente si perde il senso della misura e si assume uno stile di ridicola autoreferenzialità. E purtroppo gli esempi al riguardo sono stati sempre abbondanti e non rischiano certo di mancare neppure ai nostri giorni.

Illuminati dall’insegnamento evangelico che ci richiama il valore della umiltà considerata non come scarsa considerazione di sé, ma piuttosto come realistica e grata accettazione di quello che siamo e abbiamo, riusciremo a comprendere che il riconoscimento della grandezza di Dio è il modo più sicuro per custodire la vera grandezza dell’uomo che consiste nell’umile accettazione della sua condizione creaturale.

L’uomo è davvero grande solo quando si riconosce piccolo dinanzi a Dio. La più grande fortuna dell’uomo è capire che il custode e garante della sua reale grandezza è Dio, il quale creandolo, lo ha pensato in grande e lo chiama sempre a grandi cose, cioè ad essere partecipe della sua stessa vita.

E ditemi se è poco!

Quando, invece, per la sua superbia l’uomo allontanandosi da Dio ritiene che con tale sua scelta si possa finalmente affrancare dal Creatore non si accorge però che ad attenderlo c’è immancabilmente la più assortita campionatura di umiliante degrado.

p. Enzo Smriglio