Omelia di Mons. Guglielmo Giombanco alla Veglia di Pentecoste

Omelia del Vescovo alla Veglia di Pentecoste

Sant’ Agata di Militello, 27 maggio 2023

Carissimi Sorelle e Fratelli nel Signore.

1.È sempre un grande dono trovarci in questa Veglia di attesa unanime dello Spirito Santo, ci ritroviamo come unica famiglia di fede che crede e professa il Signore Risorto. È anche una gioiosa e impegnativa occasione di fraternità e di amicizia che esprime la comunione nella Chiesa che non è mai virtuale o disincarnata e ci invita a proseguire il cammino sulle strade mondo per annunciare la presenza del Signore e il Suo Vangelo con il cuore che arde.

Il luogo che ci accoglie è per noi come il Cenacolo dove viviamo una rinnovata Pentecoste.

La Pentecoste è festa della pienezza perché porta a compimento la Pasqua del Signore Risorto e adempie la promessa del dono dello Spirito.

La Pentecoste è festa della Chiesa resa feconda dal mistero di una presenza d’amore.

La Pentecoste è la festa della vita, perché lo Spirito è vita: sorgente della nostra vita. Questa vita si effonde come acqua zampillante che rigenera e santifica. Essa pervade e rinnova incessantemente la Chiesa, la scuote ed assesta e la inqueta, la rasserena nell’armonia dei doni.

Sono tanti i doni e i carismi che Dio attraverso lo Spirito suscita nella Chiesa per renderla sempre di più fedele al Suo mandato e sempre più desiderosa di lasciarsi guidare dalla Parola. Anche noi sollecitati dallo Spirito vogliamo interiorizzare la Parola.

            2. Le letture proclamate ci presentano tre aspetti del mistero dello Spirito Santo.

Egli è Spirito di verità che procede dal Padre e viene a rendere testimonianza a Cristo, Parola di Verità. È spirito di verità perché aiuta i fedeli a cogliere il senso cristiano della storia, a scoprire in tutte le cose le tracce di un disegno di salvezza, a scorgere il filo provvidenziale e l’azione feconda della grazia.

È Spirito di libertà perché chi si lascia guidare dallo Spirito non è schiavo del peccato; dove c’è lo Spirito del Signore, c’è la libertà. È lui che infonde coraggio, libertà di parola. Lo Spirito di libertà ci rende uomini e donne dal cuore grande, dallo sguardo limpido, dal volto splendente.

È Spirito di unità perché la Sua presenza fa ritrovare l’unità nell’amore rigenerata nel cuore degli uomini. Grazie all’azione dello Spirito e in obbedienza ad esso, la Chiesa riscopre la bellezza della comunione.

3. Tutti abbiamo bisogno di purificarci alla luce del Vangelo e sotto l’influsso dello Spirito. La Chiesa è vita, è mistero di un popolo in cammino guidato dalla fede e innestato nella comunione trinitaria. È questa vita non può essere certo irrigimentata, programmata in tutto. Il programma già c’è, è quello di sempre incentrato nel Vangelo e nella vita di ogni giorno. Tante volte si chiede che fare e dire, cioè programmi per la propria vita e attività. Tali programmi sono necessari per un orientamento di comunione, ma non possono essere cronoprogrammi rigidi. Bisogna camminare con docilità allo Spirito e libertà evangelica. Nella Chiesa è sovrano lo Spirito che è Spirito di libertà, di verità e di unità. Lo Spirito ci guida nella missione di conoscere e far conoscere di più Gesù Cristo e trasformare con Lui la storia che siamo chiamati a vivere.

4.Celebriamo questa Pentecoste nel pieno del Cammino sinodale che abbiamo iniziato due anni fa, in comunione con tutta la Chiesa. Due icone bibliche ci hanno accompagnato: i discepoli di Emmaus (Annunciare il Vangelo con il cuore che arde) e la Casa di Betania: (Ascoltare è Servire).

Un tempo che abbiamo vissuto con momenti di ascolto, di confronto, di narrazioni reciproche per disporci a vivere la seconda fase del cammino, quella sapienziale che inizieremo il prossimo mese di ottobre e che ci aiuterà a fare discernimento in atteggiamento di comunione. Un discernimento autentico, deve comprendere i seguenti elementi: docilità allo Spirito e umile ricerca della volontà di Dio; ascolto della Parola; valorizzazione dei carismi nel dialogo fraterno; creatività spirituale e interpretazione dei segni dei tempi alla luce del Vangelo (se una chiesa, diocesi parrocchia, comunità o qualsiasi realtà ecclesiale non risponde al Vangelo, non ha motivo di esistere) (CEI, Orientamenti pastorali, Con il dono della carità dentro la Storia, 1996).

L’icona che accompagnerà la fase sapienziale sarà quella dei discepoli di Emmaus che noi già conosciamo perché l’abbiamo scelta all’inizio del nostro cammino sinodale. Questa pagina rilegge l’esperienza pasquale alla luce dell’esperienza eucaristica. Il cammino sinodale nasce dall’eucaristia che è il luogo sorgivo della comunione, dello stare insieme per camminare insieme. È come se fosse una una “Messa itinerante” perché si uniforma il proprio passo al passo di Gesù che non è mai imposto, ma solo accompagna e ascolta, si lascia provocare dalle fatiche, dalle delusioni, dalle ferite e dalle critiche dei due discepoli; cerca di capire cosa c’è dentro: è il primo passo per un discernimento. Gesù si affianca, cammina con loro e annunzia le Scritture per leggere gli eventi della storia alla luce della Pasqua. L’ardore del cuore cresce mentre i due discepoli conversano con Lui lungo la via. Il cuore arde perché vi è la condivisione di un cammino; non è una parola pronunciata da una cattedra, ma lungo la strada; una parola che sa vedere e apprezzare la fatica di ogni cammino accompagnandola e sostenendola. Questa è la missione della Chiesa; aiutare tutti a riconoscere e incontrare il Signore. Ogni comunità ecclesiale deve fare di tutto per essere luogo dove si incontra il Signore, aperta e accogliente, non autoreferenziale; capace di generare vita, gioia, speranza; chiese non solo con le porte aperte, ma con il cuore aperto a tutti, sempre pronte e disponibili ad ascoltare, ad amare, ad accompagnare nel cammino. Non cediamo all’indifferenza perché porta al pessimismo che fa male a tutti, apriamo, invece, il cuore alla speranza che dona uno sguardo nuovo per vedere i germi di bene che già germogliano.

Oggi sono tante le strade di Emmaus che incrociano i cammini esistenziali, dove incontriamo uomini e donne stanchi e delusi, con il volto triste e con il cuore appesantito dall’incertezza per il futuro. Avvertiamo in loro un bisogno struggente di incontrare il Signore e di ritrovare la speranza nel cuore.  I due discepoli di Emmaus sono la metafora degli uomini di ogni tempo, uomini con il cuore ferito, ma non chiuso. In loro c’è sempre uno spiraglio che permette alla luce della fede di penetrare nei loro cuori e di dare un senso e una direzione nuovi alla vita. L’esistenza cristiana è seguire Gesù, modello e amico, scegliere di essere come Lui e con Lui: ascoltarlo nella Parola, riceverlo nell’Eucaristia, incontrarlo nei fratelli, servirlo nei poveri, portare con lui la croce.

5. Continuiamo il nostro cammino desiderosi di essere sempre più Chiesa guidata dallo Spirito del Risorto, popolo in cammino che crede nella forza della comunione che rende viva la vita ecclesiale. Chiesa capace di promuovere il discernimento maturato nella preghiera per restare fedeli a Dio e all’uomo e per crescere nella comunione e nella carità vicendevole. Ascoltiamo lo Spirito: è Lui la nostra forza, il motivo della nostra speranza, il segreto della nostra perseveranza.

Maria SS., donna attenta alla voce dello Spirito ci prenda per mano e ci guidi a testimoniare il Vangelo con il cuore che arde perché abbiamo incontrato e riconosciuto il Risorto lungo il cammino. Amen!