Messa Crismale: omelia di Mons. Guglielmo Giombanco

Venerata e cara Eccellenza Mons. Carmelo Ferraro,

Carissimi Confratelli Presbiteri e Diaconi,

Consacrate, Seminaristi, fratelli e sorelle nel Signore,

Con immensa gioia nel cuore, oggi Giovedì santo, eleviamo la nostra preghiera di lode al Signore per i doni del sacerdozio e dell’eucaristia. Due doni necessari alla vita della Chiesa e alla sua missione. In questa celebrazione si ravviva in noi la coscienza di essere popolo sacerdotale, rivolto al Padre per mezzo di Cristo nello Spirito Santo. Tali ci ha resi Cristo Signore, il quale – ci ha ricordato il libro dell’Apocalisse –  ha fatto di noi «un regno di sacerdoti per il suo Padre Dio». Cristo ha scelto anche alcuni fratelli che mediante l’imposizioni delle mani fa partecipi del suo mini­ste­ro di salvezza.

Per me, chiamato ad essere pastore di questa bella Chiesa, è sempre motivo di grande gioia e di crescita nella comunione fraterna vivere con voi, miei confratelli, momenti di comunione, di pre­ghie­ra, e di sincera amicizia. Siete voi i mie primi collaboratori nel servizio di amore alla Chiesa e per questo strettamente legati alla mia persona da vincoli sacramentali e di affetto.

1. Nella comunione presbiterale sentiamo particolarmente presente Mons. Ignazio Zambito che quest’anno celebra il 30° anniversario di ordinazione episcopale (ringrazieremo con lui il Signo­re sabato 29 giugno nella Basilica Santuario di Tindari); a Lei  Vescovo Carmelo e al Vescovo Ignazio va il nostro affetto e la nostra gratitudine perché avete servito la nostra Chiesa con passione apo­stolica ed esemplare generosità. Ricordiamo con affetto anche i confratelli che dal Giovedì santo scorso ad oggi sono stati chiamati a celebrare la liturgia del cielo nella pienezza della vita: don Gino Cardella, don Pietro Cappadona, don Giuseppe Calabrese e don Antonino Culò; la memoria della loro vita e del loro ministero è in benedizione orante. La nostra presenza a questa celebrazione, la memoria e la gratitudine ci dicono che il presbiterio non è un insieme di numeri. È ricco di volti, di racconti dello Spirito, di dedizioni eroiche spesso nascoste, di santità vera, di genialità pastorale, di carismi.

2. In questo giorno ricco di significati e di sentimenti interiori rinnoviamo le promesse sacer­do­­tali. Con questo gesto vogliamo confermare la nostra fedeltà a Cristo e la nostra donazione alla Chiesa. Rinnovare significa rendere nuovo un atto di amore che ha segnato in modo indelebile la no­stra vita abilitandola ad essere dono nella sequela di Cristo, buon pastore.

Gli Oli che saranno benedetti tra poco significano l’unzione penetrante e trasformante dello Spirito che ci fa’ figli nel Battesimo, ci rafforza e conferma nella Confermazione e ci consacra popolo sacerdotale. E’ festa di tutto il popolo di Dio il quale quest’oggi fissa lo sguardo sul mistero dell’unzione che segna la vita di ogni cristiano a partire dal battesimo. Così dal Capo si diffonde in tutte le membra della Chiesa e si espande nel mondo il buon odore di Cristo. Il rito della benedi­zio­ne degli Oli quindi si fa richiamo al ministero sacerdotale.

Perciò la liturgia invita coloro che hanno ricevuto il sacramento dell’ordine, nei suoi vari gradi, a fissare la propria attenzione spirituale e a rinnovare la fedeltà al proprio impegno di ministri del Signore. E’ ciò che anche noi vogliamo fare in questo momento, aiutati dalla Parola proclamata e dalla liturgia che stiamo celebrando.

3. Lo facciamo anzitutto rivolgendo la nostra attenzione interiore ai due testi di Isaia e del Vangelo dove attraverso le parole del profeta possiamo contemplare Colui che è consacrato per mezzo dello Spirito e inviato ad annunciare il Regno del Padre. Isaia presenta l’unto del Signore inviato a proclamare la liberazione al popolo e la consolazione. Il brano prefigura la missione del Messia e Signore pieno di Spirito santo. Tutta la missione di Gesù è vista, sin dalle prefigurazioni profetiche dell’Antico Testamento, come missione compiuta nella forma dello Spirito, come manife­sta­zione regale di potenza attraverso il giudizio escatologico contro l’iniquità e il male, come parola profetica nel suo sacrificio di pace e di salvezza.

4. Consacrato dallo Spirito il Servo reca la lieta notizia di un anno di grazia da parte del Si­gnore, un anno di favore divino che si attua mediante la liberazione da ogni male e la consolazione degli afflitti, il cui cuore spezzato è ora allietato dal canto della lode.

Le parole di Isaia troveranno conferma secoli dopo nella Sinagoga di Nazaret; Gesù proclama e an­nun­cia il compimento della parole del profeta con la sua vita e la sua missione in atto: «Oggi si è adempiuta questa scrittura e gli occhi di tutti erano fissi su di lui». L’oggi non è soltanto una nota cronologica riguardante Gesù, ma è la novità della Sua persona e dell’azione salvifica che inizia con Lui e si prolunga nel tempo della Chiesa. Il divenire della Chiesa è un muoversi in Lui e sempre verso di Lui in un dialogo eterno di amore e di grazia.  Gesù dichiara di essere inviato per realizzare due compiti: evangelizzare i poveri  e proclamare l’anno di grazia del Signore.

La prima condizione quindi per un fedele esercizio del ministero nella Chiesa è che gli occhi della nostra vita, cioè la nostra ricerca spirituale, la nostra preghiera siano sempre fissi su di Lui. Al di fuori della persona di Cristo, della sua parola, della prospettiva aperta davanti a noi della sua chiamata, rischiamo l’insignificanza del nostro ministero.

5. Vogliamo oggi ribadire con forza che noi siamo di Cristo, mandati da lui. Vogliamo esse­re e operare in Lui e per Lui, convinti che fuori di lui ci ritroveremo a perseguire ispirazioni fatue che ci allontanano da Lui e creano evidenti demotivazioni.

Come Gesù, anche noi, veniamo unti dallo Spirito per essere inviati. Colui che ci ha chia­ma­ti ci ha anche inviati. Egli fa sue le parole del profeta Isaia: «Lo Spirito del Signore è su di me; per questo  mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato» (Lc 4,18).

L’essere mandati, e non l’andare di nostra iniziativa e secondo i nostri progetti, caratterizza forte­men­te la nostra identità e la nostra storia di presbiteri. Dobbiamo amare veramente la nostra con­di­zio­ne di inviati perché solo così siamo ministri di un Altro, abbiamo la mentalità del servizio e riu­scia­mo a riporre la nostra fiducia non in noi ma in Colui che ci ha mandato nonostante le nostre po­ver­tà.

6. Quando Gesù inviò i suoi discepoli, leggiamo nel Vangelo di Luca (10,1-9) li invitò a non portare nulla, ma al tempo stesso non mancavano di nulla perché avevano ciò che era più necessario e decisivo per il loro servizio: il dono della Sua fedeltà, la ricchezza del Suo amore, la forza del Suo servizio. La coscienza del dono grande fattoci dal Signore, attraverso la vocazione, deve accompa­gnar­ci ogni giorno. La ricerca inesauribile di ciò che siamo con il sacerdozio deve essere oggetto di nuova scoperta, di rinnovata meraviglia e motivo di crescente gratitudine. Amiamo veramente la nostra condizione di inviati custodendo nel cuore la gioia di essere scelti e di andare dove il Signore ci manda sapendo riconoscere che ovunque ci sono fratelli da amare e servire, che il Signore deve essere annunciato, in ogni luogo e vari modi, nella vita e nella storia degli uomini e delle donne che incontriamo nel nostro cammino.

7. Così possiamo veramente testimoniare la gloria e la santità di Dio al mondo come ci fa con­tem­plare il brano dell’Apocalisse proclamato: «A Colui… che ha fatto di noi un regno di sa­cer­do­ti per il suo Dio e Padre, a lui la gloria e la potenza nei secoli» (Ap 1,5).

E’ importante per la nostra vita e il nostro ministero affermare la priorità del Signore ed esal­tare la sua grandezza e la sua vicinanza a nostro favore. Non siamo soli e le nostre azioni acquistano il valore dell’ossequio filiale e l’omaggio di amore che la creatura deve avere dinanzi al Creatore; un rap­porto di amicizia costante.

La coscienza e l’accettazione di essere creature e figli di Dio, poi ci fa vivere in umiltà e ci fa volgere il nostro sguardo agli altri da fratelli per una solidarietà che si sa commuovere, sa agire, sa servire. La gloria a Dio sale anche dal nostro essere elevati a popolo sacerdotale dove tutti: sa­cer­do­ti, consacrati, e fedeli laici ci riconosciamo pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo. Un popolo sperimenta la gioia della comunione nella reciproca collabo­ra­zio­ne suscitata dalla fede e mi permetto perciò di richiamare l’importanza della collaborazione con fedeli laici nel nostro ministero per valorizzare la molteplicità di energie, di talenti, di carismi e di ministeri nella nostra Chiesa. Da soli, noi presbiteri, possiamo fare ben poca cosa, insieme e uniti ai fratelli delle comunità che ci sono affidate possiamo fare tanto. Solo così le nostre comunità diven­ta­no luogo della comunione e insieme segno e strumento della vocazione di tutti all’edificazione del Regno di Dio nella storia. Per questo desidero ricordarvi le indicazioni proposte nella mia lettera pastorale Come lievito nella pasta che sta guidando i passi dell’itinerario pastorale della nostra Chiesa. A tutti rivolgo l’invito a non essere rinunciatari nel realizzare i vari ambiti pastorali proposti, ma ciascuno secondo i propri doni e carismi, con spirito di fede e con creatività pastorale, s’impegni ad attuarle. Uno stupendo mosaico si aprirà ai nostri occhi se ognuno porterà il proprio tassello e la nostra Chiesa sarà veramente bella e più ricca di doni di grazia perché in cammino sulle strade della comunione e del servizio evangelico.

8. A tutti: Presbiteri, consacrate, fedeli laici rinnovo la mia profonda gratitudine per il dono della vostra presenza e per i vari servizi e ministeri svolti nella nostra Chiesa, orientati a testimoniare la perenne validità del Vangelo al mondo d’oggi. In tale contesto sono lieto anche di annunciare che il 27 aprile nel Santuario di Tindari ammetterò all’Ordo Virginum una nostra sorella della Comunità di Oliveri che ha risposto alla chiamata del Signore con il dono della sua vita nel servizio alla Chiesa. Rendiamo grazie a Dio che arricchisce la nostra Chiesa di doni attraverso cari­smi diversi.

Questa profonda gratitudine voglio esprimerla in particolare verso i confratelli presbiteri che quest’anno celebrano i giubilei sacerdotali: 25°: don Carmelo Scalisi (Caronia) e don Mischel Ranaivo; 50° don Antonino Leanza e Mons. Franco Pisciotta e altri confratelli che celebrano ricorrenze significative. Per la prima volta concelebra con noi don Massimiliano Rondinella che ho avuto la gioia di ordinare lo scorso 4 ottobre e accogliamo con gioia nel presbiterio i due nuovi diaconi ordinati il 25 marzo scorso, don Antonio Di  Bella e don Giuseppe Lombardo.

A tutti va un grazie affettuoso, un augurio sincero; per tutti la nostra preghiera, segno di fraternità e di comunione.

9. Permettetemi di rivolgere un pensiero affettuoso alla Comunità del Seminario diocesano augurando ai cari seminaristi di vivere con gioia e generosità il cammino di formazione al sacerdozio. La presenza di giovani che hanno risposto alla chiamata del Signore è garanzia per il futuro della nostra Chiesa, è segno di speranza. Anche voi cari seminaristi tenete fisso lo sguardo del vostro cuore su Gesù e lasciatevi raggiungere dal suo sguardo di amore. In questo sta il segreto della risposta alla chiamata che avete ricevuto.

In questo momento di comunione e di vera fraternità non possiamo non rivolgere il pensiero ai confratelli che tanto avrebbero desiderato concelebrare con noi se non fossero stati impediti da malattie. L’offerta della loro sofferenza è un ulteriore atto di amore alla Chiesa e una singolare testimonianza di docilità agli imperscrutabili disegni di Dio. La nostra preghiera e la nostra vicinanza affettuosa siano per loro sostegno e incoraggiamento.

Alla Vergine Maria, madre di Gesù e dei sacerdoti, presente al Cenacolo nell’ora natalizia del­la Chiesa affidiamo il nostro cammino ecclesiale e con la sua intercessione materna ci ottenga i doni necessari per crescere nella fede e per fare della nostra vita un dono di amore a Cristo e ai fratelli. Amen!

Guglielmo, Vescovo