Il Vangelo dell’8a Domenica del Tempo Ordinario (3 marzo 2019)

Non è affatto difficile comprendere la sproporzione che c’è tra l’irrilevanza del peso di una semplice pagliuzza e quello enorme di una trave. Non si possono mettere affatto a confronto. Eppure Gesù vi fa’ ricorso per sottolineare l’ipocrisia di chi, allenato a vedere sempre la pagliuzza negli occhi degli altri, finisce con l’essere praticamente incapace di vedere la trave che è nel proprio occhio. “Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio – dice Gesù – e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello”.

Gesù mette in guarda dall’ipocrisia che rende esigenti e severi verso gli altri e indulgenti e accondiscendenti verso se stessi. Si verifica spesso che chi assume il piglio di ‘pubblico censore’ delle malefatte altrui non di rado finisce con il nascondere delle azioni non proprio edificanti. Infatti, chi s’industria a rimuovere la pagliuzza dall’occhio del proprio fratello il più delle volte non è affatto sollecito né tanto meno preoccupato di togliere la trave che si ritrova ad avere nel proprio occhio.

Viviamo tempi nei quali sembra che si è specializzati a guardare sempre i limiti altrui e a sorvolare sistematicamente sui propri finendo con il ritenere, con ridicola supponenza, di non averne. Il senso della modestia e della sobrietà nel modo di giudicare gli altri è davvero fortemente diminuito con la conseguenza di avere molte persone arrabbiate e con l’indice accusatorio costantemente rivolto contro gli altri e l’atteggiamento generalmente ‘auto-assolutorio’ verso se stessi.

Nel suo insegnamento Gesù prosegue dicendo: “Ogni albero si riconosce dal suo frutto”. Si tratta allora di avere la pazienza di saper attendere i frutti ma prima ancora è necessario saper discernere la qualità di certe piante. Detto in altri termini: gli alberi non sono tutti uguali; ci sono piante che producono frutti benefici ma ci sono anche piante che producono frutti avvelenati.

È necessario, dunque, saper acquisire quel sapiente spirito di discernimento che ci può aiutare a distinguere la qualità dei frutti che ogni albero prima o poi produrrà. Anche il nostro cuore produce dei frutti. Se coltiviamo e annaffiamo la pianta della malvagità finiremo con il produrre malvagità di ogni tipo. Se, al contrario, ci prenderemo cura del bene che è piantato nel nostro cuore la nostra vita produrrà frutti assortiti di ogni bene.

Una cosa è certa, crescerà solo ciò che alimentiamo; se alimentiamo nei nostri cuori sentimenti di conflittualità e spargiamo semi di diffidenza non potremo certo aspettarci di raccogliere frutti di solidale concordia.

Con l’aiuto del Buon Dio impegniamoci a fare del nostro cuore un vero e proprio giardino di piante capaci di curare con naturalezza ogni forma di malvagità per evitare così che i nostri ambienti diventino delle serre dove a crescere è solo la mala pianta della cattiveria.

p. Enzo Smriglio