Il Vangelo della 4a Domenica di Avvento (23 dicembre 2018)

Della Vergine Santissima il Vangelo dice che si “si alzò e andò in fretta”. Si è messa cioè in viaggio per andare a trovare l’anziana cugina. Fa sempre riflettere molto che la Madonna, dopo l’Annunciazione dell’Arcangelo Gabriele, non sia rimasta “chiusa” in casa a ricevere visite dal momento che era diventata la Madre del Signore, ma si è messa in movimento e, senza inutili rinvii, si è recata dalla anziana cugina Elisabetta, per condividere con lei la gioia dell’attesa di un figlio. Con lo stile della Santa Vergine, siamo chiamati a passare nel mondo (cioè abitare e attraversare le nostre comunità) – come dice lo scrittore cristiano Origene – “portando il Verbo”.

È chiaro che se una giovane gestante passa per strada non è necessario che si faccia precedere da un comunicato stampa per attestare ufficialmente che è in attesa di un bambino. Chiunque se ne accorge, lo nota, lo percepisce. Allo stesso modo come cristiani dobbiamo saper ‘portare’ con naturale disinvoltura Gesù con noi dovunque, per offrirlo a chiunque.

Nell’esortazione apostolica di Papa Francesco “La gioia del Vangelo” si legge: «Usciamo, usciamo ad offrire a tutti la vita di Gesù Cristo» (EG n. 49). Incoraggiati dall’esempio della Madonna scopriamoci chiamati a vivere anche noi la nostra esperienza di “visitazione”. Anzitutto lasciandoci ‘visitare’ dalla Divina Grazia, ma a nostra volta, mettendoci in movimento, alzandoci appunto, per saper andare incontro agli altri, “in fretta”, cioè senza perdere tempo, per condividere con tutti quelli che incontriamo la gioia di aver incontrato Gesù. Nell’incontro descritto dal Vangelo s’incontrano Maria ed Elisabetta e sanno condividere la gioia di una maternità prodigiosa. Maria diventa Madre senza concorso umano, Elisabetta diventa madre quando ormai questa esperienza era ritenuta umanamente non più possibile, a motivo della sterilità e dell’anzianità.

Nelle nostre comunità non poche volte serpeggia un diffuso stato d’animo di “scoraggiamento” che finisce col rendere “cupo” il nostro volto, senza neppure accorgercene. Mi ha fatto sempre tanto riflettere una bella affermazione di Carlo Carretto secondo cui “l’apostolato è interiorità che affiora”. È vero: l’impegno nell’apostolato è sempre rivelativo (cioè fa affiorare) ciò che c’è nel cuore di chi è impegnato nell’apostolato. Se ci sono tensioni dentro di noi affioreranno tensioni nel nostro modo di agire. Insomma ciò che c’è dentro, prima o poi, viene fuori, affiora!

Siamo tutti “portatori” di Dio. Portatori ‘trasportati’ dalla Grazia. Spinti a portare a tutti Colui che ci porta, ci sostiene e ci rialza, non finendo mai di usarci Misericordia, rendendo così lieta la nostra vita, di quella letizia che da Dio proviene e a Dio sempre conduce.

p. Enzo Smriglio