2000

ESPOSIZIONE VIA LUCIS

Nella storia delle 14 stazioni, secondo l’antica liturgia, Domenico Spinosa assume per intero la storia di Cristo di cui racconta con pudore, nel tramestio di barbaglii bianchi e d’oro, di rosa delicati e mortiferi neri, il consumatum est.
Fotogrammi della condizione umana di Dio. Si invera nell’arte informale del maestro napoletano l’ansia, a lungo soffocata, di dipingere Cristo e la liberazione della morte. Le tele sono eventi di angoscia e di luce, di spes contra spem che sorregge nel giudizio, per le strade nel grido stesso di Lamma Sabactani.

Nella spazialità cinerea della Condanna è una larva di materia il Cristo ammanettato, sfigurato nel volto, come un manichino di legno. Mille segni ne deturpano l’immagine, brillante prima di tasselli musivi, di fronte alla folla anonima, indicata in basso a destra.
Lo schermo della croce ha inizio nella seconda stazione, quando il Messia abbraccia il legno che gli piomba addosso.
Dura la geometria compositiva che taglia obliquamente con acidi verdognoli, grigi e violacei, la tela, nel cui centro il volto è già maschera.
Allucinante monocromo è la prima caduta.
Dal nero frantumato da lampi di biacca appare il gesso di una testa sagomata, con corona di spine, sotto il peso delle assi.
Nessuna indulgenza al colore.
La tragedia è possibile.
Sublime l’immagine della madre che incontra il figlio.
È quello di una "Maestà" toscana, fosforescente di grazia e di bellezza, nel momento in cui si piega su Gesù e preme le labbra sul capo sanguinante. Un fremito di amore e di dolore traversa il dipinto che nella drammaticità conserva equilibrio assoluto.
Si compone di frammenti dorati, di filamenti calcinosi, di rossi punti, di striature verdastre l’opera, che sgomenta ed affascina, nella strutturazione delle teste occupanti la tela, per l’armonia del mistero.
Alla linea morbida che tratteggia le guance e gli occhi della Vergine, si contrappone il volto pietroso del condannato, nella cui occhiaia, incisa da un chiodo, è l’abisso dell’essere.

Costretto a portare la croce, il Cireneo è un cerchio d’ombra.
Serrata la testa con riflessi verdi sopporta due travi bianche, mentre il condannato, lucente di sangue, lo guarda con passione.
Particolarmente nella corona di spine si raggruma la violenza della materia, che si fa diaframma nello sguardo e nella bocca.

Da un fondo grigio si stacca l’effigie di una fanciulla che asciuga il volto di Cristo. Bella Veronica dagli occhi cerchiati di alabastro con le labbra di carminio. Icona bizantina che mostra nel velo il Volto santo, attorno al quale è un volteggiare di colori e di vita, quasi canto di grazie della natura per il dono inatteso di un ritratto di luce.

In una pozzanghera di bitume, schiacciato dalla croce, è il Cristo della seconda caduta. Fibrilla nell’oscurità di biacca graffiata l’ombra. Solo parvenza di realtà nel contrasto di bianchi e di neri che pugnalano la tela.

GIFAN014.GIF (1136 byte)

Per  informazioni
Ufficio Diocesano Beni Culturali
(0941-240866)
giorni feriali dalle 9.00 alle 12.30, tranne il sabato.

 

 

More on: che and della
File transferred by Go FTP FREE Program