Verso la Settimana
della Fraternità

Finalità e condizioni della SdF

Memoria dei passi fatti

Fisionomia dei Visitatori

Cosa ci attendiamo

Con speranza e senso di responsabilità

Calendario della prima Visita

Compito dei Visitatori nella prima Visita

Note di spiritualità

Un passo alla volta

Stralci di lettere

Lettera del Vescovo per la Prima Visita (8 settembre 2003)

La Prima Visita (Ottobre-Dicembre 2003)

Il mistero dell'Incarnazione cornice dell'esperienza della Settimana della Fraternità

Dopo la Prima Visita: Che fare? 

Dalla Prima Visita... alla Seconda

Lettera del Vescovo per la Seconda Visita (25 febbraio 2004)

La Diocesi è una porzione del popolo di Dio

La Chiesa che vogliamo nel futuro Per camminare "veramente" insieme

Alcune precisazioni riguardo alla Settimana della Fraternità

Incontro previo dei Gruppi di Famiglie

Vademecum per la Settimana della Fraternità (formato PDF)
Vademecum per la Settimana della Fraternità (formato Doc)
Poster - manifesto
Vademecum nuove note

Scheda valutazione Settimana della Fraternità
Testimonianze e Lettere sulla S. di Fraternità (formato PDF)

Queste pagine si prefiggono di sostenere il cammino di preparazione alla Settimana di Fraternità e accogliere tutte le esperienze e interrogativi che vanno sorgendo nelle varie comunità. Sono destinate in primo luogo, oltre che ai Presbiteri, alle Epap, senza escludere gli altri Operatori Pastorali.


1. Finalità e condizioni della Settimana della Fraternità
Dopo il lavoro di sensibilizzazione degli anni passati attraverso iniziative su determinati valori che aiutassero le persone a risvegliare la nostalgia di Dio e delle esigenze dello spirito, ci prepariamo alla grande convocazione del popolo in Piccole Comunità per far gustare il senso di Chiesa. Non si tratta di “dividere” la popolazione per meglio governarla, ma di convocare tutti perché in comunità a dimensione umana possano “fare l’esperienza di popolo di Dio”.
Per questa ragione a questo evento viene data una grande importanza. In esso comincerà ad emergere, a Dio piacendo, un nuovo volto di Chiesa.
Un passo di questo genere non può essere improvvisato. Necessita di un cammino di sensibilizzazione e di preparazione come abbiamo cercato di fare nel corso di quasi dieci anni. I parroci, le Epap e le comunità che hanno seguito i passi del progetto hanno chiaro il senso di ciò che stiamo affermando. La gente, infatti, è come in attesa (in stato di “Avvento”) ed intuisce che qualcosa di nuovo sta per accadere. Diverso sarà lo stato d’animo di chi non ha alle spalle un minimo di cammino: penserà che si dovranno costituire alcuni “gruppi” (che hanno il tempo che trovano).
A questo proposito: le Piccole Comunità non soppianteranno i gruppi, movimenti e associazioni esistenti; avverrà che le persone che ne fanno parte, oltre all’esperienza di una specifica spiritualità, faranno quella dell’appartenenza al popolo di Dio e metteranno a servizio di tutti il frutto del loro cammino assumendo specifici ministeri. Tutto questo diverrà più chiaro man mano che il cammino si farà.
In ogni caso, è consigliabile in questo momento, per quanto è possibile, non far sorgere nuovi gruppi di spiritualità dove non ci sono; è meglio rinviare tutto a dopo la Settimana della Fraternità per la semplice ragione di non ingenerare confusione nella gente, non perché, lo ripetiamo, siano incompatibili. Ad parroco sta più a cuore che i battezzati della parrocchia si sentano Chiesa, cioè popolo di Dio in cammino, prima che le singole espressioni di spiritualità che, comunque, coinvolgono sempre una parte.

2. Memoria dei passi fatti

A partire dall’AED dell’aprile 2001 non c’è stata occasione di incontro in cui, più o meno esplicitamente, non si sia fatto riferimento alla Settimana della Fraternità, presentandone la finalità e le tappe per celebrarla.
A livello di presbiterio abbiamo dedicato alle motivazioni spirituali sottostanti il pellegrinaggio di agosto, gli Esercizi spirituali di ottobre e dicembre, l’incontro interzonale nel periodo di Natale.
A livello di Epap e messaggeri abbiamo tenuto due incontri per presentare le finalità e le tappe della preparazione della Settimana della Fraternità e per abilitarli al loro ruolo specifico.


3. I prossimi passi

Adesso siamo al momento di prepararci a fare le scelte dietro attento discernimento comunitario.
I passi prossimi che le parrocchie dovranno fare riguardano la scelta dei “visitatori” da parte del parroco, dell’Epap e del Consiglio Pastorale; la comunicazione e il coinvolgimento delle persone scelte; l’abilitazione al compito che dovranno svolgere (cfr. “Prendete il Largo e calate le reti!” paragrafi 9 e 10 a p. 12). Tutto questo dovrà realizzarsi entro febbraio 2003. Ed ecco concretamente come fare.

Il parroco:
1. Entro Gennaio 2003 (prima della convocazione del Consiglio Pastorale) convoca i Messaggeri (in assemblea o per Zone Pastorali, a secondo del numero) per una breve consultazione.
A questo scopo:
-  dopo avere pregato con i Messaggeri, ricorda che è iniziato il cammino di preparazione alla Settimana d. Fraternità e che tra qualche giorno si riunirà il CPP per organizzare il gruppo dei “visitatori”;
-  chiede ai Messaggeri di fornire e completare l’elenco delle famiglie a cui consegnano la Lettera;
-  chiede di dare dei suggerimenti o di segnalare, tra le persone che conoscono, quelle che a loro giudizio possono svolgere questo compito;
-  chiede se tra le varie famiglie che loro visitano vi siano particolari problemi (discordie, liti…);
-  chiede di fornire per ogni famiglia quale sia, secondo la loro discrezione e conoscenza, il giorno e l’ora migliore per poter ricevere i “visitatori”;
-  chiede anche la loro disponibilità, qualora vene fosse bisogno, ad accompagnare i “visitatori” quando dovranno andare nelle famiglie.

2. Entro Gennaio 2003 (possibilmente il 12), convoca il Consiglio Pastorale (se non esiste, convoca l’Epap) per organizzare il gruppo dei visitatori che in tre mesi circa visiterà tutte le famiglie e le persone sole della parrocchia per interessarle favorevolmente alla proposta della Settimana della Fraternità. A questo scopo:

-
  ricorda il piano specifico della Settimana della Fraternità e i passi della sua convocazione (v. “Prendete il largo e gettate le reti” p.11-14)
-
  calcola quante persone occorrono per la visita a tutte le famiglie e persone sole, prendendo come criterio che vi siano due persone o almeno una per ogni 30-40 famiglie;
-
  legge le indicazioni fornite dai messaggeri;
-
  invita ciascuno dei presenti a stendere, senza discussione, un primo elenco di persone che a suo criterio possono svolgere il compito di “visitatori”, tenendo conto che siano persone di fede, possibilmente impegnate in parrocchia, cominciando da quelle che fanno parte di qualche gruppo apostolico e dai religiosi e religiose;
-
  fatto l’elenco, tutti fanno un tempo di preghiera e ogni membro del CP o dell’EPAP, sempre senza discutere, comunica le persone che sceglie per questo servizio;
a questo punto il parroco, o chi per lui, riprende i nominativi uno per uno e ciascun membro esprime la sua valutazione per verificare quanti si trovano d’accordo sul nome proposto; e così si procede in questo modo fino a completamento dell’elenco;

-
  Con una preghiera di ringraziamento si chiude l’incontro.
3. Entro Febbraio 2003, parroco ed Epap contattano i possibili visitatori e li invitano ad un incontro, a livello parrocchiale, per organizzare il gruppo e abilitarli alla prima visita alle famiglie.
A questo scopo:

-  il Parroco, con la collaborazione dell’EPAP e dei Coordinatori zonali contatta tutti i possibili visitatori e li invita, personalmente o per iscritto, a un incontro speciale in cui si spiegherà il servizio che si chiede loro e il perché glielo si chiede;
-  nell’incontro, dopo averne spiegato l’obiettivo e il perché, si riflette prima sul compito dei visitatori e poi sulla prima visita alle famiglie (si danno delle guide scritte);
-  dopo un momento di preghiera, il parroco chiede a tutti che esprimano la loro disponibilità a realizzare il servizio;
-  si presentano i gruppi di 30-40 famiglie da visitare e ognuno sceglie il gruppo che visiterà, in modo che si formino le coppie che visiteranno i gruppi di famiglie;
-  si sceglie il responsabile e il sostituto del “gruppo dei visitatori”;
-  si comunica all’EDAP il nome del Responsabile e del sostituto.
-
  il parroco invita tutti alla Messa speciale in cui si leggerà la lettera del Vescovo e si consegnerà ad ogni coppia di visitatori l’elenco delle famiglie da visitare.

Fisionomia dei Visitatori
Le caratteristiche fondamentali richieste, senza la pretesa di avere persone fuori del comune, sono queste:

> persone generalmente stimate nell’ambiente e ispiranti fiducia
> persone positive che, di fronte alle difficoltà, non trovano scuse per fermarsi ma soluzioni per superarle
> persone che abbiano una buona sensibilità di fede e amino la Chiesa
> persone che sappiano comunicare con gli altri
> persone che abbiano a cuore il bene comune


Incontri zonali del presbiterio
In un clima di sereno dialogo e confronto abbiamo appena concluso gli incontri zonali del presbiterio nei quali abbiamo ripreso le motivazioni di fondo che ci stanno portando alla celebrazione della Settimana della Fraternità e alla costituzione delle Piccole Comunità e a riflettere insieme su problemi e difficoltà che la preparazione a un  tale evento sta facendo emergere.
A tutti i partecipanti è stato consegnato un piccolo dossier contenente una cartella con le domande presentate all’Ufficio Pastorale in ordine alla Settimana della Fraternità, una scheda in cui ciascuno ha segnalato lo stato del cammino di preparazione, la bozza della lettera del Vescovo che i “visitatori” consegneranno alle famiglie in occasione della prima visita e la bozza della preghiera che sarà consegnata a tutte le famiglie per invocare l’abbondanza delle grazie divine su questo importante avvenimento. Le bozze sono state consegnate per avere eventuali suggerimenti e apporti per il loro miglioramento, tenendo presenti i destinatari. La cartella con le domande e le risposte può servire per coinvolgere gli operatori pastorali nella comune riflessione al fine di sollecitarne una più consapevole e fattiva corresponsabilità.
Il fatto che, a causa delle consultazioni elettorali, abbiamo deciso di procrastinare il tempo della prima visita alle famiglie ci offre la possibilità di organizzare con più calma e serenità i passi da fare e le modalità con cui coinvolgere le persone in questo progetto.
A tal proposito va raccomandato ai parroci di non limitarsi a organizzare incontri ufficiali in parrocchia, ma di adoperarsi per contattare a livello personale le persone, specialmente quelle coinvolte per la prima volta nelle attività. Tutti stiamo sperimentando quanto ci stia venendo difficile entrare in una nuova prospettiva di Chiesa e in una nuova logica pastorale: pensiamo quanto questo sia ancora più difficile
per i laici e per le persone che non fanno parte della cerchia degli operatori pastorali. La pazienza da un lato e la caparbietà dall’altro unite ad uno stile familiare, più che burocratico, produrranno frutti abbondanti.

UnA parola sui “Visitatori”

Probabilmente la scheda sul profilo che devono avere le persone chiamate a svolgere questo compito ha spaventato molti. Quella scheda voleva semplicemente avvertire parroci ed Epap ad essere oculati nella scelta, perché non succeda che per una svista si mandi tutto all’aria. Per esempio: quando si dice che devono essere stimate da tutti, non si intende dire che debbano essere candidate ad un monumento nella piazza centrale, ma semplicemente che siano ritenute generalmente persone affidabili; oppure quando si richiede un certo senso di Chiesa vuol dire di non affidarsi a quelle persone eccessivamente bigotte che si rendono quasi sempre fastidiose.
I “visitatori” non sono persone che debbano sentirsi investite da chissà quale missione speciale che richiede chissà quali caratteristiche e competenze, ma più semplicemente persone normali che nella vita fanno già visita alle persone e amano fare questo gesto di attenzione al prossimo.
Nelle nostre comunità ce ne sono ancora moltissime di queste persone. Ad esse viene chiesto di fare una visita a nome del Vescovo portando un particolare messaggio su cui parlare qualche minuto per raccoglierne le impressioni.
Ai “visitatori”, poi viene chiesto un servizio “a tempo determinato”: solo due visite. Non dovrebbe essere difficile trovare delle disponibilità per un servizio non molto impegnativo.


A proposito della “Prima Visita”

Il senso di questa visita sta qui: la Settimana della Fraternità, e la conseguente costituzione delle Piccole Comunità, nasce dall’accoglienza di una domanda molto diffusa nelle nostre comunità: non c’è tempo per le relazioni tra le famiglie, per cui aumenta sempre più il numero di persone che si sentono sole e isolate; il passo alla depressione a questo punto è breve; poi c’è un’altra domanda, quella di Dio, che resta insoddisfatta o affogata in surrogati che umiliano la dignità della persona. Raccogliere la domanda vuol dire fare una proposta da sottoporre all’attenzione e valutazione di tutti. Da qui la necessità di coinvolgere tutte le famiglie a dare la loro opinione e il loro apporto.
Così la Settimana della Fraternità e ciò che persegue non giungerà come un fulmine a ciel sereno, ma come qualcosa di voluto, perché se così non fosse non la celebreremmo. Già questo, decidere dopo avere consultato tutti, non dà un nuovo volto alla Chiesa?

Cosa ci attendiamo e cosa promoviamo con la Settimana della Fraternità

1.    Cosa ci attendiamo
Molte volte è tornata la domanda, da quando è iniziato il processo di preparazione, su cosa “dovremo fare” nella Settimana della Fraternità. Domanda legittima, pur se incompleta. L’interrogativo primo, infatti, è un altro: “Cosa vogliamo ottenere con questa esperienza?”.
La Settimana della Fraternità, o Avvenimento Redentore, è una esperienza di convocazione dei battezzati come popolo di Dio, in nome, cioè, del Battesimo ricevuto, da cui far scaturire il desiderio di dare alla stessa carattere di continuità a scadenza mensile. Questo risponderebbe ad una doppia esigenza espressa dalla gente: il bisogno di stare insieme e la necessità di fare esperienza comunitaria della fede e di Dio. In poche parole, la Chiesa di Patti, quale madre che ha generato alla vita nuova i suoi figli mediante il Battesimo, vuole assicurare loro spazi dove vivere relazioni umane nella fede, speranza e carità, proponendo itinerari di crescita per la vita cristiana. Questi spazi sono le Piccole Comunità, cioè luoghi di incontro nelle case in giorni ed orari conosciuti da tutte le famiglie di quel determinato quartiere, dove poter stabilire relazioni amichevoli e comunicare la propria esperienza di vita e di Dio. Le Piccole Comunità, così, saranno nuove opportunità per la gente di incontrarsi, alleviare la sofferenza causata da solitudine e isolamento, realizzare forme di amicizia e solidarietà, confrontarsi nelle difficoltà e problemi mano a mano che si presentano.
Saranno pure l’opportunità per rileggere la propria esistenza alla luce della Parola di Dio, fare esperienza della dimensione comunitaria della fede e dell’essere Chiesa, imparare a pregare, approfondire i contenuti del Magistero della Chiesa.

2.    Cosa proponiamo
Anzitutto la conversione al Vangelo, senza cui ciò che ci attendiamo non maturerà mai. La Settimana della Fraternità prima e le Piccole Comunità poi sono una proposta di rinnovamento che parte dall’intimo per manifestarsi all’esterno.
Esse promuovono un cammino a piccoli e lenti passi, ma costanti, di “rinnovamento della mente”, cioè del modo di vedere e giudicare la realtà circostante, senza fermarsi alla superficie, ma scrutandone i significati, i messaggi e gli appelli. Maestro di questa operazione è lo Spirito Santo. Da questa prima forma di rinnovamento scaturisce la seconda, quella “degli atteggiamenti”, cioè di quel modo di essere nell’interiorità, che genera il “rinnovamento dei comportamenti” esteriori, cioè dei gesti e delle parole con cui una persona si relazione con le altre persone e con la comunità. L’insieme di questi rinnovamenti generano un “rinnovato agire”, che noi sogliamo definire “vita nuova in Cristo e nella Chiesa”, caratterizzato dallo spirito della fraternità e della solidarietà, espressioni della civiltà dell’amore.
Logicamente tutto questo non è un punto di partenza, ma l’orizzonte dentro cui e verso cui muoversi costantemente, sfidando continuamente quelle forze, esterne ed interiori, che si frappongono come ostacoli.
È agli operatori pastorali che la Settimana della Fraternità per primi propone una radicale conversione. Per quanto ci appaia giusto e allettante quanto ci attendiamo che si realizzi, troveremo molte resistenze in noi stessi e tra gli operatori pastorali. Ci assalirà, se non ci ha assalito già, la tentazione della divisione, delle rivendicazioni e delle competizioni all’interno del gruppo degli operatori pastorali, tra questo e il parroco; non sarà facile accettare nuovi collaboratori, perché non li riterremo all’altezza e sufficientemente preparati; non ci accorgeremo dei piccoli passi che la gente va facendo perché stanno andando in un’altra direzione rispetto a quella che pensavamo noi.
Non illudiamoci: il maligno cercherà di confondere le idee e fomentare le spaccature. Dobbiamo essere preparati. Sarà inevitabile che alcuni operatori pastorali “storici” si allontaneranno: la ragione principale sarà perché si renderanno conto che non c’è più spazio per chi ha ancora una mentalità verticista e non intende aprirsi alla novità dei tempi e dello Spirito.
La Settimana della Fraternità e le Piccole Comunità, per questo, saranno una grossa opportunità di purificazione della mente, del cuore e degli occhi che ci permetterà di “vedere” l’agire salvifico di Dio che si esprime mediante “i piccoli e i poveri”.
In conclusione: da questa esperienza ci attendiamo che la gente accolga la proposta di incontrarsi, come popolo di Dio, in Piccole Comunità, nelle quali tutti saranno costantemente invitati alla conversione del Vangelo e a fondare relazioni umane e di fede sempre più forti e significative per la Chiesa e per la società.

Con speranza e senso di responsabilità

In occasione degli incontri zonali delle Epap e dell’Assemblea Diocesana è emerso che la maggior parte degli operatori pastorali non sono sufficientemente informati sul significato della Settimana della Fraternità e, di conseguenza, non sono apparsi molto motivati.
Come tante volte ribadito, l’evento della Settimana della Fraternità vuole essere una forte e significativa esperienza del tipo di Chiesa e comunità cristiana che vogliamo, coerentemente alle indicazioni del Magistero e alle esigenze del tempo presente.
Da questa esperienza dovrà scaturire nei partecipanti la domanda di continuarla. La risposta saranno le Piccole Comunità, che a ritmo mensile convocano le famiglie per fare insieme un itinerario di fede organico, dinamico, ordinato e progressivo.
Questo vuol dire che sia la Settimana della Fraternità che le Piccole Comunità, prima di essere realizzate, vanno desiderate, “sognate”, contagiate mediante un’operazione di condivisione tra parroco e operatori pastorali.
Senza questo lavoro di gestazione previo è difficile che questa esperienza diventi “evento”, cioè avvenimento efficace per la crescita del popolo; resterà, nella migliore delle ipotesi, una bella iniziativa da ricordare, ma che non ha aperto nessuno spiraglio di futuro. Mentre ciò che mediante esse ci prefiggiamo è proprio ridestare nel comune sentire (nella “cultura”) il senso della Speranza (la virtù teologale, per intenderci).
Cosa vogliamo dire con questa premessa?
Semplicemente mettere in guardia da una doppia tentazione: quella di “bloccare” tutto per il timore della complessità o per il fatto che analoghe esperienze nel passato non hanno prodotto gli effetti desiderati; la seconda tentazione è opposta: mettere in atto l’esperienza senza la necessaria convinzione interiore di operare secondo la volontà di Dio, mossi solo dal principio di “non essere da meno”. La via di uscita per tutte e due le tentazioni sta nell’atto di Speranza, la virtù della decisione di agire: la fiducia in Dio e l’amore del popolo spingono a decidere di “tentare ancora” (“sulla tua parola calerò le reti”), ma con passione, cioè seguendo momento per momento l’evolversi della situazione pronti ad intervenire per sostenere eventi punti deboli.
Il parroco e l’Epap hanno un compito “nuovo” e fondamentale: tenere costanti contatti con i moderatori, coordinatori e segretari sia per sostenerli nel loro ministero (= formazione) che per seguire la vita delle Piccole Comunità, nelle sue variazioni e nell’insorgere dei problemi e delle difficoltà, in modo da studiare le soluzioni più opportune. Quindi parroco ed Epap hanno la conduzione diretta non della vita delle Piccole Comunità, ma dei loro responsabili - appunto i moderatori, coordinatori e segretari - riservandosi di intervenire direttamente solo in quelle situazioni, liete o difficili, che lo richiedano.
La Provvidenza ha disposto che i tempi di attuazione della preparazione della Settimana della Fraternità siano più ampi di quelli previsti, pertanto è opportuno valorizzare il tempo per rafforzare le condizioni necessarie per proseguire: Epap, Messaggeri, Lettera alle famiglie, censimento dei nuclei familiari presenti in parrocchia, scelta dei “visitatori” e, soprattutto, incontri per meglio presentare il passo che stiamo per fare e preparare spiritualmente e metodologicamente i vari operatori pastorali ai compiti specifici che li attendono. Per questo ministero possono tornare molto utili sia il dossier utilizzato negli incontri zonali con il presbiterio e con le Epap, sia gli articoli del Notiziario Pastorale nella rubrica “Verso la Settimana della Fraternità”.
In ogni caso è sempre possibile chiedere consigli e sussidi all’Ufficio Pastorale (0941 22836, fax e segreteria telefonica, curiapatti@diocesipatti.it).

Nuovo calendario per la prima Visita alle Famiglie
Avendo deciso insieme di trasferire la data della prima “Visita alle famiglie”, presentiamo il nuovo calendario relativo alla stessa, con la riserva di qualche piccolo aggiustamento che in seguito potrebbe essere ancora apportato.

Entro maggio 2003, ogni Parroco insieme all’Epap definisce, se ancora non lo ha fatto, i “gruppi di famiglie” e convoca il Consiglio Pastorale (se non esiste, convoca l’Epap) per organizzare il “gruppo dei visitatori” che in tre mesi circa visiterà tutte le famiglie e le persone sole della parrocchia per interessarle favorevolmente alla proposta della Settimana della Fraternità.
Entro giugno 2003, parroco ed Epap contattano i possibili visitatori e li invitano ad un incontro, a livello parrocchiale, per organizzare il gruppo e abilitarli alla prima visita alle famiglie.

Domenica 7 settembre 2003, il Vescovo, annuncia a tutto il popolo l’intenzione di celebrare una “Settimana della Fraternità”, mediante una lettera a tutte le famiglie della Diocesi nella quale propone l’idea della Settimana come offerta del popolo alla Madonna di Tindari, nel 25° della dedicazione del Santuario, e comunica loro la sua intenzione di ascoltare le reazioni delle famiglie davanti alla proposta di convocare tutti i battezzati in piccoli gruppi per fare una speciale esperienza di comunità cristiana.

Dopo l’annuncio della Settimana di Fraternità, in ogni parrocchia si recita in tutte le Messe quotidiane (o almeno domenicali) alla preghiera dei fedeli o dopo la Comunione la preghiera speciale per questo evento. La stessa preghiera viene inviata anche a tutte le famiglie.
Il 27 settembre, in occasione dell’Assemblea Ecclesiale Diocesana, il Vescovo conferisce il mandato ai “visitatori”.
Da ottobre a dicembre 2003
, si realizza la prima visita a tutte le famiglie della diocesi. Si porta loro la lettera del Vescovo e si verifica se la gente accetta con simpatia e buona volontà l’idea di celebrare la settimana della Fraternità.
Entro il 10 gennaio 2004 il parroco con l’Epap e i visitatori fa la valutazione della prima visita a livello parrocchiale per verificare la reale disponibilità della gente alla futura Settimana della Fraternità.
Entro il 18 gennaio 2004
il parroco convoca l’assemblea parrocchiale degli operatori pastorali per comunicare il risultato della prima visita alle famiglie. Subito ne dà anche comunicazione all’Edap.

Il 31 gennaio 2004
, a livello diocesano, il Vescovo convoca i Responsabili parrocchiali dei Visitatori per valutare la prima visita alle famiglie, abilitarli, con l’aiuto dell’Edap, alla seconda visita alle famiglie e alla composizione e incontro previo dei gruppi familiari.
Entro febbraio 2004, a livello parrocchiale, si fa l’incontro di abilitazione dei visitatori per la seconda visita alle famiglie.


Idee per coinvolgere nuove persone nel ministero di “Visitatori”
 
Qualche parrocchia ha coinvolto i giovani cresimandi per svolgere questo servizio, abbinando ad un “visitatore” adulto un cresimando che ha accettato di collaborare.
Qualche altro ha suggerito che potrebbero essere coinvolti anche i genitori dei fanciulli che si stanno preparando alla Messa di Prima Comunione. La proposta potrebbe essere fatta anche ai giovani fidanzati. Ovviamente, dopo opportuno discernimento.
Quest’opera di coinvolgimento ovviamente non deve apparire come un’imposizione, ma come un modo concreto di partecipare alla vita e missione della Chiesa in nome del Battesimo ricevuto in dono.
Non dobbiamo stancarci mai di dare sempre “motivazioni alte”, cioè evangeliche ed ecclesiali.
Chi accetta non fa una “cortesia” a qualcuno, ma semplicemente si trova di fronte alla possibilità di dare una concreta corrispondenza al proprio Battesimo e alla propria vocazione cristiana.
Tutto questo lo ribadiamo senza dimenticare che stiamo parlando di mete e non di punti di partenza: all’inizio è possibile che dobbiamo ricorrere a strategie ed espedienti diversi per coinvolgere le persone, ma poi dobbiamo fare in modo che esse stesse approdino a quelle “motivazioni alte”.
Altrimenti avremo sempre bassa manovalanza e noi ci renderemo responsabili di non avere fatto la nostra parte per far sviluppare i germi di ecclesialità contenuti nel Battesimo.

Quale dovrà essere il compito dei “Visitatori” nella “prima visita”?

1.  Anzitutto dovranno essere in possesso dell’elenco delle famiglie da visitare. È bene che ogni coppia di visitatori prenda qualche contatto previo con esse, magari con l’aiuto dei messaggeri qualora ce ne fosse bisogno, con l’obiettivo di farsi conoscere, se è il caso, e in particolare per accertarsi quale sia il momento migliore per fare la visita; quindi stilano il calendario delle visite.
2.  Quando arriverà la Lettera del Vescovo, i visitatori ne prenderanno visione e l’approfondiranno insieme al parroco e all’Epap per coglierne chiaramente l’obiettivo e i contenuti.
3.  Dopo avere partecipato alla celebrazione del “mandato”, iniziano le visite, approssimativamente con questo schema:
*   saluto, presentazione delle persone e i soliti convenevoli;
*   si fa un breve commento sulla situazione di vita attuale e sull’isolamento che provoca;
*   i visitatori consegnano la Lettera del Vescovo, la leggono e la commentano;
*   chiedono alle persone (o persona) della famiglia se trovano opportuna la proposta di organizzare la Settimana della Fraternità;
*   chiedono, quindi, la loro disponibilità a parteciparvi nel caso della sua attuazione;
*   chiedono, infine, l’eventuale disponibilità a mettere la propria casa a disposizione per la riunione del gruppo;
*   saluti e commiato.
4.   Finita la visita, appuntano su un’apposita scheda, le risposte avute e il tipo di accoglienza ricevuta.
5.   Terminato il giro di tutte le famiglie da visitare, la coppia dei visitatori redige una scheda riassuntiva che contenga il numero delle famiglie visitate, il numero delle famiglie che hanno accolto la proposta della Settimana della Fraternità, il numero di coloro che si sono detti disponibili a partecipare e il numero di coloro che sono disposti a mettere la propria casa a disposizione per gli incontri. Questa scheda va consegnata al parroco.
A proposito della disponibilità ad accogliere il gruppo in casa propria, è bene che i visitatori, tenendo conte delle consuetudini locali, minimizzino le eventuali difficoltà che le famiglie possono presentare.
Per esempio: va motivato spiritualmente questo gesto: è Gesù che viene accolto nella persona di coloro che verranno invitati; va detto che non debbono preoccuparsi di preparare dolci o altre cose del genere (perché questo potrebbe essere una difficoltà per alcuni, è consigliabile metterlo come regola. Solo in qualche circostanza si potrà fare e con l’apporto di tutti).
Un ultimo suggerimento: giova molto ai visitatori organizzare degli incontri di preghiera e di confronto per preparasi alla missione della visita. Il parroco e l’Epap, quindi, mettano in calendario alcuni incontri periodici sia per pregare insieme per la buona riuscita della visita, sia per mettere insieme i modi, lo spirito e i passi che ogni coppia di visitatori va facendo mano a mano.

alcune note di spiritualità per ritiri spirituali per operatori pastorali nel periodo estivo

È tempo di “conversioni” …
Abbiamo sempre affermato che il nostro progetto pastorale è un itinerario di tipo catecumenale che si prefigge di aiutare i battezzati a riscoprire il valore del Battesimo ricevuto e il ruolo che hanno nella edificazione del Corpo di Cristo, che è la Chiesa.

… dalle pratiche agli itinerari …

Oggi la Chiesa è chiamata a dare una nuova evangelizzazione. Lo abbiamo sentito e detto tante volte che quasi riteniamo sia cosa fatta. In realtà ad ogni Chiesa locale viene chiesto un processo di conversione straordinario che coinvolge l’intera sua prassi come conseguenza del rinnovamento del suo modo di essere e vedersi oggi.

L'itinerario di evangelizzazione include la conversione al Vangelo, che si fonda su un annuncio e che da esso è promossa.

Tale conversione consiste in un “rinnovamento della mente”, vale a dire dei modi di vedere le diverse realtà della vita e di giudicarle o valutarle; comporta anche una trasformazione di atteggiamenti, cioè di modi di essere interiori e di comportamenti esteriori, in coerenza con la nuova visione; si esprime infine in un nuovo modo di agire, come frutto ed effusione di carità e di crescita della carità stessa (cfr. UR 6-8).

La conversione interiore si verifica nei fatti esteriori che ne sono segno e frutto. “Si riconosce l'albero dai suoi frutti”; “non chi dice: Signore, Signore..”; “beato chi fa la volontà del Padre mio” (Mt 12,33; 7,21). Per Gesù, fatti e frutti sono i segni e gli unici parametri per valutare la validità della conversione.

… dal giudizio alla gioia …

Siamo nella fase finale della tappa kerigmatica di cui abbiamo registrato certamente le tante fatiche, ma sicuramente anche i primi segni di qualcosa che si sta movendo.

il segno più forte della validità del cammino è il grande numero di persone che, sebbene “non praticanti”, si impegnano a prestare qualche servizio alla comunità. Questo ha provocato negli operatori pastorali una duplice reazione: in alcuni di gioia nel vedere tante risposte inaspettate, in altri di diffidenza (quasi di gelosia) ritenendo che tutto fosse un “fuoco di paglia”.

Di fronte a queste reazioni, riteniamo che sia opportuno offrire agli operatori pastorali alcuni spunti di riflessione proprio sulle “conversioni” promosse e richieste dal Piano Pastorale Diocesano.

La conversione tipica di questa tappa da parte degli operatori pastorali è molto profonda e tocca tutta la loro vita; è conversione della mente, del cuore e dell'azione e si manifesta in tutte le relazioni con la gente e tra loro.

Una pastorale che era di tipo amministrativo diventa più propositiva e creativa; un dinamismo che prima era proposto a una sola élite comincia a coinvolgere tutti, con al centro, naturalmente, i sacerdoti, ma insieme con un laicato che si risveglia alla coscienza di essere chiesa.

Come attesta la nota parabola del “Padre misericordioso”, sta accadendo di vedere emergere sia i “figli prodighi”, desiderosi di reinserirsi, sia i “figli buoni”, fedeli osservanti e praticanti ma incapaci di accogliere i “ritornati” e poco disponibili ad aprirsi agli altri: di conseguenza, scelgono di rimanere ai margini o addirittura di creare difficoltà. Questi ultimi, forse, pensano di essersi ritagliato e meritato un ruolo di protagonisti e adesso lo vedono minacciato dagli “ultimi arrivati”.

… dalla visione sociologica a quella teologica della comunità …

Cosa fare?

Se questi operatori pastorali riescono ad amministrare e dominare queste comprensibili reazioni e a ricuperare un sano rapporto con Dio, imparano, a poco a poco, a scoprire Dio nel popolo e a capirne le esigenze, a dargli fiducia e a credere che è possibile aiutarlo perché diventi, in certo modo, “comunità”. Riscoprono il proprio ruolo in questa “comunità nuova”, superando l'isolamento nel quale si trovavano; percepiscono che vale la pena dar la vita per promuovere la comunione umana ed ecclesiale aperta a tutti.

Sia pure con difficoltà, si va riscoprendo anche la fraternità sacerdotale come forma nuova di convergenza pastorale che rinnova i contenuti delle relazioni interpersonali e istituzionali. Nei rapporti tra sacerdoti, religiosi e laici si vive maggiormente l'uguaglianza di tutti nella dignità, rispettando la diversità dei ministeri, mentre aumenta la fiducia e la benevolenza.

… dalle strutture verticiste a quelle partecipative …

Questa conversione include pure la trasformazione delle strutture: alcune dovranno essere create, altre rinnovate. Si revisionano e si ridimensionano i ruoli e le funzioni, gli uffici e le responsabilità. Si rivede ciò che riguarda lo stato sociale delle persone, i titoli acquisiti, le tradizioni e i costumi inveterati…

Si devono imparare nuove regole di gioco, nuovi metodi, nuovi processi di azione, nuove forme di relazione, nel rispetto delle funzioni e delle competenze degli altri. Dal pensare solo al “mio posto” e alla “mia responsabilità” si sta passando a tener conto degli altri e dell'insieme della parrocchia.
… dalla spiritualità individualista a quella comunitaria …

Si sta verificando una profonda conversione. Da una spiritualità individualista si va verso una spiritualità comunitaria. Da visuali e atteggiamenti parziali - per quanto aperti all'universalità - a una visuale e a un atteggiamento per cui dall'universale si scopre e si vive il particolare, e sempre in funzione e a servizio dell'universalità.

La “prova del nove” di tale conversione è la creazione e la modifica delle strutture e delle forme che favoriscono le nuove relazioni e gli atteggiamenti rinnovati.

 … dalla cultura sacrale a quella pasquale del popolo

Così, in questa tappa si fa un primo passo nel processo di trasformazione della cultura, sia di quella del popolo, sia di quella ecclesiale ed ecclesiastica.

Tutto il popolo vive una prima esperienza del mistero pasquale; riceve una iniziale “Buona Notizia” che la salvezza è possibile “qui e ora”; percepisce che la buona notizia è allo stesso tempo “verità” da accogliere, “via” da percorrere, “vita” nuova la cui pienezza sarà sempre da scoprire e da incarnare.

Ovviamente, tutto ciò lo si vive ora in modo incipiente, come un seme o embrione destinato a crescere per uno sviluppo indefinito.

Per questo l'avvenimento redentore apre a una nuova tappa, nella quale l'esperienza vissuta si approfondisce, fino a sfociare nell'impegno esplicito di fare del Vangelo la norma della vita personale e comunitaria. Lo vedremo quando descriveremo la seconda tappa.

UN PASSO ALLA VOLTA

Ascoltando varie testimonianze su come sta procedendo la prima visita alle famiglie, sembra che alcuni “visitatori” siano andati un po’ oltre sia nella “spiegazione” della "Settimana della Fraternità" sia, soprattutto, delle Piccole Comunità.
Questa prima visita in realtà ha come obiettivo “sentire” se ciò che il Vescovo, il presbiterio e gli operatori pastorali di questa Chiesa percepiscono circa la realtà è sintonia con quanto percepisce la gente.
Per questa ragione la Lettera del Vescovo fa una proposta d’incontri ancora molto generica: in questa fase è più importante sintonizzarsi più sul problema che non sulla soluzione.
Chi ha dato “spiegazioni”, cedendo alla curiosità di sapere o di comunicare cosa sarà e come si svolgerà la "Settimana della Fraternità", ha semplicemente spostato l’attenzione della gente dal problema. In più, sta succedendo che ciascuno presenti la "Settimana della Fraternità" non per ciò che vuole essere, ma per l’idea che di essa si è fatta, magari attingendo ad esperienze del passato o che sta vivendo nell’ambito di una specifica spiritualità.
Non sarà facile per nessuno comprendere che la "Settimana della Fraternità" e le Piccole Comunità saranno un’esperienza di popolo dentro un ambito a misura d’uomo e non di un gruppo di persone che si ispira ad una particolare spiritualità.
Nel primo caso i partecipanti, essendo convocati in nome del Battesimo, diventano il soggetto dell’itinerario di fede proprio della Chiesa. Nel secondo caso, invece, i sodali sono chiamati ad approfondire e a testimoniare un particolare carisma della Chiesa.
Le due esperienze non sono in contrapposizione, ma necessarie e complementari l’una all’altra, e per questa ragione necessariamente diverse.
Il problema sta nel fatto che dei gruppi di spiritualità carismatica tutti abbiamo più o meno un’esperienza, mentre della Piccola Comunità, così come è prevista da nostro Piano Pastorale, no, semplicemente perché è un fatto inedito.
Abbiamo bisogno tutti di “armarci” di umiltà e pazienza per fare insieme quei passi che ci porteranno a questo nuovo tipo di esperienza.
Essendo un fatto inedito, ogni intuizione può essere utile, ma solo se è libera dalla pretesa di essere l’unica. Il dialogo fraterno e lo scambio delle esperienze faciliterà il raggiungimento dell’obiettivo, anche se renderà, almeno per un certo tempo, il cammino più faticoso.
Facciamo, allora, un passo alla volta e daremo un volto alla comunione ecclesiale.

Stralci di lettere

A seguito della Prima Visita alle Famiglie, sono arrivate alcune lettere di persone che hanno voluto esprimere al Vescovo ciò che hanno provato. In questi dodici anni, a dire il vero, sono state tante le persone che hanno “risposto” alle sollecitazioni date loro dalla Lettera alle famiglie.
Questo fatto ha una portata notevole di significato. Da una parte esprime che la gente sente il bisogno di una relazione che abbia il fondamento nella fede e dall’altra che è possibile ancora oggi esercitare la paternità spirituale.
Sono elementi che ci dicono che la comunione ecclesiale non solo è possibile, ma che è più vicina e reale di quanto pensiamo: basta saperla vedere e coltivare perché cresca.
Riportiamo, per la comune consolazione, alcuni stralci di lettere giunte proprio in questi giorni passati. Sono tutte lettere firmate, ma non riportiamo i nomi per rispetto dei mittenti che hanno scritto in forma confidenziale, non sapendo né sospettando che il loro scritto avrebbe potuto essere pubblicato.


«Caro Padre, sono io a doverla ringraziare per il pensiero che mi riserva mandandomi ogni mese una lettera. Quello che lei fa per me e per tutte le singole famiglie è cosa preziosa in un momento in cui si pensa troppo alla “comunità” e poco al “singolo individuo”… La società di oggi porta ad isolarci perché è più semplice non incontrare nessuno e avere, quindi, più tempo per crogiolarsi nel proprio dolore, piuttosto che condividere quello degli altri.

È pur vero, però, che la cosa più gratificante che c’è al mondo è gioire insieme agli altri… Alla domanda: cosa possiamo fare? Io risponderei: diventiamo “compagni di strada”, mettiamoci in cammino tenendo per mano chi non ce la fa ad andare avanti da solo, incontriamoci, individuiamo le mete, i percorsi, riflettiamo insieme sui problemi!».

«Monsignore carissimo, è con grande affetto che le scrivo. Ho letto la sua “Lettera ai Giovani” e voglio esprimerle il mio personale ringraziamento per questo dono prezioso. Ricordo ancora con emozione la sua prima Visita Pastorale… e sono rimasta colpita ed entusiasmata dalle sue parole carismatiche che facevano vibrare l’anima e dalla sua attenzione verso tutti e ciascuno… Ricorda, Monsignore, la promessa? “Ogni mercoledì quando lei prega per i giovani io pregherò per lei!”. In questi dieci anni non c’è stato un mercoledì in cui sono venuta meno a quella promessa, anche in alcuni momenti in cui pregare è stato per me solo un atto di volontà più che un bisogno dell’anima…
Essere giovani oggi è molto difficile, ed è ancora più complicato essere giovani cristiani. Il mondo del XXI secolo non è come lo sognavamo e lo volevamo noi… Sembra, questa, l’epoca della comunicazione: videocellulari, SMS, MMS, e-mail, chat…, ma tutto ciò nasconde il profondo senso di solitudine e di alienazione dell’uomo del 2000. Siamo stereotipati, schiavi delle mode e delle tendenze, rinchiusi negli abissi del nostro io…
In questo contesto Gesù è “fuori moda”. Lui non grida, “sta alla porta e bussa”…
Il mio augurio è che attraverso le sue parole e la testimonianza della sua vita tanti giovani possano trovare in Gesù il senso del loro essere giovani, riscoprendo la gioia di vivere davvero in pienezza e di sentirsi Chiesa viva».


«Eccellenza Ignazio,... ho avuto il grande piacere di avere la sua lettera datata 8 settembre 2003. La ringrazio di tale lodevole iniziativa…
Abitando in un condominio, appena avuta la lettera, ho pensato di riunire tutti i condomini e di leggerla insieme… Lei, Eccellenza, nella sua lettera parla di fraternità cristiana che si può costruire soprattutto attorno alla Parola… Più che fame di pane materiale, oggi da noi c’è fame di “Parola” e di Pane di vita eterna, l’Eucaristia».

Il Mistero dell’Incarnazione cornice dell’esperienza della Settimana della Fraternità

Nota del 9 Gennaio 2004

Adesso che i preparativi per la celebrazione della Settimana della Fraternità sono stati avviati, la domanda su che cosa sia e in che cosa consista questo evento si è fatta più pressante e interessata, non solo tra gli operatori pastorali ma anche tra la gente. La risposta non è facile.
La Settimana della Fraternità, infatti, non pone la sua forza in ciò che si farà, anche se questo è molto importante, ma in ciò che farà intravedere. Le “cose che faremo” saranno interessanti non tanto se saranno originali o eclatanti, ma se sapranno esprimere un senso, se riusciremo a farle essere “segno” in cui i partecipanti riconosceranno la presenza di Dio Salvatore, anche se in termini non così espliciti.
In questo tempo natalizio la Liturgia ci ha proposto come modelli parecchie figure a cui ispirarci, perché tutti hanno fatto esperienza della gioia dopo avere visto “i segni”: Maria ed Elisabetta (Lc 1, 39-56), i pastori (Lc 2, 12), Simeone ed Anna (Lc 2, 25-38), Giuseppe (Mt 1, 18-23), i Magi (2, 1-2). Essi fanno da cornice alla nostra fede: nessuno di noi, infatti, su questa terra può vedere Dio faccia a faccia, ma solo attraverso i “segni” della sua presenza e della sua azione. Così noi riconosciamo il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo nei sacramenti, nella Parola biblica, nel Magistero della Chiesa…
Su questa stessa linea dobbiamo mettere la Settimana della Fraternità se vogliamo veramente sapere come sarà e in che cosa consisterà. I gesti, le parole, i giochi e l’organizzazione dovranno essere “segno” che tutti rimanda al di là di ciò che appare alla prima evidenza.
Cosa intendiamo dire con questa precisazione?
Semplicemente vogliamo invitare parroci e operatori pastorali a non fissare la propria tensione e attenzione sulle “cose da fare”, almeno in questo momento, ma su ciò che vogliamo che accada perché le nostre parrocchie siano espressione viva della Chiesa di Cristo sul modello tratteggiato dal Concilio Vaticano II e successivo Magistero; su come le nostre comunità parrocchiali e la nostra Chiesa diocesana possano farsi interpreti e assumere “le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini di oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono”; su quali scelte siano da fare perché ogni comunità parrocchiale diventi “casa e scuola della comunione”; su quali conversioni operare perché la nostra Chiesa pattese possa diventare “segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano”.
Dalla meditazione-contemplazione sull’ideale di Chiesa consegnatoci dallo Spirito Santo mediante il Concilio nasceranno “le cose da fare”, che a questo punto diventeranno “segno” che indica “l’oltre”. In questi mesi che abbiamo davanti, mentre prepareremo e realizzeremo la seconda visita alle famiglie, tutti, parroci e operatori pastorali, dobbiamo creare opportunità (ritiri spirituali, incontri di preghiera, adorazioni…) in cui sia possibile comunicare comunitariamente, dopo avere meditato individualmente, le mozioni spirituali avvertite in ordine alla Chiesa e alla sua missione oggi. Quanto più profonda sarà la comunicazione spirituale tanto più facile sarà trovare gesti, messaggi, modalità con cui dare corpo alla Settimana della Fraternità.

Dopo la Prima Visita: Che fare?

Una volta completata la prima visita, il primo passo da fare, da parte del parroco e dell’Epap, è raccogliere i dati e fare di essi un quadro consuntivo con queste voci:
-    di quante famiglie è composta la parrocchia (dopo questa visita si può avere un quadro più realistico rispetto ai dati risaputi);
- quante famiglie hanno accettato la visita;
- quante hanno rifiutato la visita;
- quante famiglie hanno accolto la proposta fatta dal Vescovo;
- quante famiglie non si sono mostrate interessate alla proposta;
- qualche esperienza significativa fatta dai visitatori.
In alcune parrocchie i visitatori, seppure prematuramente, hanno posto anche le domande relative alla partecipazione e alla disponibilità di mettere a disposizione la propria casa per gli incontri: queste parrocchie nel quadro riassuntivo aggiungano anche questi dati.

Dopo la raccolta dei dati deve seguire una riflessione su di essi: per primi la fanno il parroco e l’Epap, in un secondo momento, nel giorno dell’assemblea di tutti i visitatori, la riflessione va continuata con i visitatori e gli altri operatori pastorali. La riflessione dovrebbe seguire queste piste: cosa ci dice questa esperienza? In questa esperienza scorgiamo dei segni della volontà di Dio? Quali scelte dobbiamo fare in ordine al futuro?
Il terzo passo è la convocazione in assemblea parrocchiale di tutti i visitatori, gli operatori pastorali e i battezzati che ne hanno desiderio. In essa vengono comunicati i risultati della prima visita, quindi i presenti vengono invitati a comunicare le loro considerazioni sugli stessi dati.
Il quarto passo consiste nell’inviare tempestivamente (entro il 20 gennaio) i dati e una breve relazione all’Ufficio Pastorale, che provvederà a stendere un’analoga relazione consuntiva di tutte le parrocchie da presentare ai due incontri diocesani (25 gennaio e 15 febbraio).

Dalla Prima Visita alle Famiglie... alla Seconda

Dalla prima visita alle famiglie …
Dalle 37 relazioni scritte, fino ad oggi pervenute all’Ufficio Pastorale, risulta che sono state visitate 19.986 famiglie; di queste 18.457 hanno condiviso la diagnosi sulla condizione di solitudine sofferta dalla gran parte della gente e accolto positivamente la proposta di celebrare una "Settimana della Fraternità"; 1.135 invece non hanno mostrato interesse per la proposta.
Questi sono le cifre essenziali. Al di là dei numeri esse sono accompagnate dalle risonanze, dalle emozioni, dalle riflessioni provate dalle persone coinvolte in questa esperienza: Parroci, Epap, “Visitatori”, famiglie, comunità.
Su tutte spicca il senso di gioia provato dalle persone che hanno ricevuto la visita e, di riflesso, dai “Visitatori”.
Questo vuol dire tante cose. Due in particolare. La sorprendente accoglienza che la gente ha riservato alla Lettera del Vescovo e alla proposta in essa contenuta ci conferma che la direzione intrapresa è quella giusta. È su di essa che, quindi, dobbiamo proseguire la ricerca delle risposte più idonee alle attese.
Questa direzione non è confermata solo dalla gente, ma, prima ancora, dal Vangelo e dal Magistero conciliare e successivo della Chiesa. Il cuore del Vangelo, infatti, risiede nella “riconci­liazione”, cioè nella nuova qualità delle relazioni umane fondate non più su interessi parziali e neppure sui vincoli del sangue o della razza o della cultura, ma sulla Fede-Speranza-Carità.
Del processo di riconciliazione la Chiesa viene eletta da Cristo stesso “segno e sacramento”.
Questo dato appare fin troppo chiaramente come una “vocazione speciale” dello Spirito Santo a cui dare risposta senza tentennamenti. Il Papa nella NMI al n. 2 ci esorta così:”Quanto è avvenuto sotto i nostri occhi chiede di essere riconsiderato e, in certo senso, decifrato, per ascoltare ciò che dice lo Spirito”; e al n. 15: “Ora dobbiamo guardare avanti, dobbiamo «prendere il largo», fiduciosi nella parola di Cristo: Duc in altum! Ciò che abbiamo fatto quest'anno non può giustificare una sensazione di appagamento ed ancor meno indurci ad un atteggiamento di disimpegno.
Al contrario, le esperienze vissute devono suscitare in noi un dinamismo nuovo, spingendoci ad investire l'entusiasmo provato in iniziative concrete.
Gesù stesso ci ammonisce: «Nessuno che ha messo mano all'aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio» (Lc 9,62). Nella causa del Regno non c'è tempo per guardare indietro, tanto meno per adagiarsi nella pigrizia. Molto ci attende, e dobbiamo per questo porre mano ad un'efficace programmazione pastorale…
È tuttavia importante che quanto ci proporremo, con l'aiuto di Dio, sia profondamente radicato nella contemplazione e nella preghiera. Il nostro è tempo di continuo movimento che giunge spesso fino all'agitazione, col facile rischio del «fare per fare». Dobbiamo resistere a questa tentazione, cercando di «essere» prima che di «fare».
Ricordiamo a questo proposito il rimprovero di Gesù a Marta: «Tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c'è bisogno» (Lc 10,41-42)”.
Non possiamo fermarci neanche di fronte alle difficoltà e ostacoli. Anzi essi ci sono di maggiore stimolo per congiungere animo, cuore e forza nella ricerca di comuni soluzioni e nel dare un volto storico alla comunione presbiterale ed ecclesiale donataci nel Battesimo e nell’Ordine Santo.

… alla seconda.

Mentre la prima visita aveva carattere di “interpellanza”, cioè voler sentire il parere delle persone su una diagnosi e una proposta non ancora ben definita, la seconda ha obiettivi più mirati in ordine all’attuazione della proposta, cioè della "Setti­mana della Fraternità".
Se nella prima visita lo sforzo più grosso è consistito nel reperire i “Visitatori” e nell’organizzare la distribuzione delle famiglie, nella seconda i problemi da affrontare sono di altra natura.
Siccome questa volta la domanda alle persone riguarda l’assunzione dell’impegno a partecipare alla "Settimana della Fraternità", molto probabilmente i “Visitatori” si troveranno di fronte a risposte non precisamente positive come nella prima visita. Dovranno avere rispetto delle risposte della gente, delle loro difficoltà reali e, contemporaneamente, incoraggiarla a non rassegnarsi facendole intravedere il valore e l’importanza dell’evento.
Parroco, Epap e “Visitatori”, inoltre, si troveranno a dover trovare soluzioni, anche parziali, per le persone anziane e ammalate: in fondo esse sono tra quelle che maggiormente soffrono il dramma della solitudine. Non possiamo pertanto lasciare proprio loro senza almeno qualche segnale che le faccia sentire presenti alla Chiesa e nella comunità.
Nel corso di questo secondo incontro con le famiglie (anche se si tratta concretamente di un suo componente non cambia nulla) i “Visitatori”, pur nella massima discrezione, avranno il compito di “guardare al di là dell’apparenza”. In altri termini: avendo la visita il chiaro obiettivo di organizzare la "Settimana della Fraternità" e, di conseguenza, di raccogliere le adesioni, per i “Visitatori” è importante distinguere le difficoltà autentiche da quelle di circostanza, i problemi che possono derivare dall’organizzazione o dalla logistica da quelli di natura interiore o spirituale.
La composizione dei gruppi di famiglie tra coloro che aderiranno sarà anch’esso un bel lavoro, esaltante e faticoso; seguirà poi la “prova generale” di questi gruppi e l’incoraggiamento perché al loro interno alcuni comincino ad assumere quelle responsabilità che garantiscono il funzionamento dell’esperienza.
L’insieme di tutti questi elementi ci dice la natura della seconda visita alle famiglie e la conseguente attenzione da mettere nella fase preparatoria, quella che chiamiamo “abilitazione” a questo servizio.
La prospettiva che si apre può apparire complicata, forse macchinosa o semplicemente sproporzionata alle nostre risorse ed energie. Per fronteggiare queste sensazioni possiamo ricorrere ad almeno tre mezzi. Anzitutto il frutto che speriamo: i battezzati, soprattutto gli adulti, avranno la possibilità di fare un cammino di fede organico e progressivo che li aiuti ad essere cristiani maturi e testimoni di Cristo nella storia.
Un secondo mezzo è il lavorare con metodo: la fedeltà ad esso ci permette di dare alla complessità della realtà un centro unificante che, mentre le dà una progressiva organicità, contemporaneamente le fa acquistare carattere di “semplicità”. Il terzo strumento è la preghiera: in essa da una parte troviamo la forza di non fermarci davanti alle difficoltà e dall’altra ci rendiamo sempre più conto che la nostra opera è solo parzialmente nostra, per cui avremo la possibilità di vedere sempre più chiaramente che lo Spirito di Dio sta lì davanti, ci precede, spiana la strada nei cuori là dove sembrava impossibile; nella preghiera ci renderemo sempre più consapevoli di essere stati scelti per essere profeti e testimoni del Vangelo proprio in questa era “bella e drammatica”, come l’ha definita Paolo VI.
Questo vuol dire vivere di Speranza.

La Diocesi è una porzione del popolo di Dio

Il drammatico problema che affligge la Chiesa occidentale, e cioè la separazione tra vita e fede, sta alla base del nostro itinerario di rinnovamento diocesano ed evangelizzazione. Molta gente, pur essendo battezzata, vive come se Dio non esistesse. Ancora di più: intere società e popolazioni formate da battezzati hanno politiche sociali ed economiche in evidente contrasto con il messaggio evangelico. Come superare questa situazione? O meglio: quale risposta la Chiesa può dare a questa situazione e alle nuove sfide che da essa derivano?
Certamente non pensando di ricostituire modelli del passato, ma cercando modelli che siano proiettati nel futuro e coerenti con la volontà di Dio, da leggere contestualmente nella Rivelazione, nel Magistero e nei segni dei tempi.
Nel corso degli oltre dieci anni che ci hanno visto impegnati nel processo di Rinnovamento Diocesano, più che puntare a cercare soluzioni ai vari problemi pastorali (famiglia, giovani, uomini…), ci siamo concentrati a riformulare un modello storico di Chiesa più rispondente al mondo attuale e del futuro.
Oggi siamo ad un momento molto importante del nostro itinerario, per cui può tornare utile richiamare l’ideale di Chiesa che abbiamo tenuto davanti ai nostri occhi e che giustifica ogni scelta fatta e ogni operato messo in atto.
Dopo l’analisi e la diagnosi sulla situazione della ns. Diocesi, abbiamo sintetizzato in una “formula” breve il tipo di Chiesa che intendiamo perseguire, perché capace di essere nel mondo quel “segno e strumento dell’intima unione con Dio e dell’unità di tutto il genere umano” (LG 1) e, in quanto tale, in cammino verso la sua vocazione alla santità (LG 9).
La formula, che nel linguaggio metodologico viene detta “idea-forza”, è la seguente:

La Diocesi di Patti è una porzione del popolo di dio affidata ad un vescovo in comunione organica e dinamica verso l’unità salvifica universale.

Attraverso le righe di questa rubrica cercheremo brevemente di esplicitarne il ricco contenuto sottostante alla densità della formula, rimandando per una più completa e organica comprensione alla lettura del terzo volume del “Progetto diocesano di rinnovamento ed evangelizzazione” di J. B. Cappellaro, Libreria Editrice Vaticana.


1.  La diocesi è una porzione del popolo di Dio

E’ il popolo, vale a dire l’insieme di persone - colte e analfabete, forti e deboli, sante e peccatrici, ricche e povere,....- depositarie della speranza.
E’ un popolo non disperso, né anonimo, ma identificato in una stessa vocazione e missione (LG 9), cosciente del comune vocazione alla comunione con Dio, come fondamento di una nuova relazione fra gli uomini e con il cosmo-universo.  E’ un popolo che ha senso di appartenenza ad un unico corpo sociale, la Chiesa, in cui vive la comunione e la partecipazione ad una stessa fede, speranza e carità.
E’ il popolo che sa “di appartenere a Dio”, che ha esperienza del “suo Dio” e vive questa esperienza sia nella sua fede in Cristo, l’Uomo-Dio in cui si rivela la perfezione della persona e della vita umana, sia nella carità, che è amore a Dio e a tutti gli uomini senza eccezioni. Si riconosce santo per la presenza di Cristo e chiamato alla santità, sia come popolo di Dio sia come singole persone. Santità che consiste nell’unità salvifica universale, cui si accede nell’amore che si fa servizio scambievole.
E’ il popolo fondato nella comunione con Dio - Padre, Figlio e Spirito -, nella comunione di tutti i credenti in Cristo, uomini e donne che vivono, e condividono la vita stessa di Dio e la vivono come famiglia di Dio, che integra in questa comunione tutte le realtà umane e cosmiche. E’ la nuova fraternità che nasce dalla fede e dal Battesimo, luogo di incontro, di riconciliazione e di dialogo, in cui si vivono relazioni autentiche interpersonali e sociali, di fede, speranza e carità. E’ la Chiesa-sacramento, segno e strumento della fraternità universale.
E’ il popolo che si riconosce corpo di Cristo nell’unità di un solo Spirito e nella diversità di doni carismi e ministeri, da esprimere a servizio della crescita del corpo di Cristo, nella pazienza e nella costanza, nella conversione e la fedeltà allo Spirito, fino a giungere alla maturità dell’”uomo perfetto nella pienezza di Cristo” (Ef  4,13).
E’ il popolo di Dio e corpo di Cristo che vive, in modo cosciente e libero, alla sequela di Cristo, come su discepolo, in conversione permanente verso la pienezza della vita evangelica che gli viene offerta.
E’ il popolo di Dio che si esprime come comunità personalizzata e personalizzante, in ambiti sempre più ampi in modo che ogni cristiano viva una autentica “esperienza ecclesiale” di “cattolicità”. Si esprime a livello di famiglia, di Piccole Comunità e di Parrocchia, come ambiti più o meno prossimi e immediati dell’esperienza personale, nei quali però si partecipa alla vita e alla missione della Chiesa diocesana e universale.
E’ il popolo di Dio in comunione di comunità, che coinvolge le diverse realtà ecclesiali - persone, gruppi e istituzioni - nel servizio al rinnovamento del mondo secondo le esigenze del Regno di Dio. E’ il popolo profetico, sacerdotale e regale, aperto e destinato a tutti i popoli, a tutte le culture e a tutti i tempi, perché si compia il piano di salvezza universale di Dio in Cristo, nello Spirito.
E’ il popolo che sa di essere “inviato” ad annunciare la Buona Notizia del Regno di Dio e di Cristo,  luce delle nazioni, a tutte le creature, mediante la testimonianza della parola, della presenza e dell’azione; Regno di cui la Chiesa in questo mondo è “germe e inizio”. Testimonianza che è profezia di quanto il mondo è chiamato a vivere: la fraternità universale.
Testimonianza che è servizio all’inculturazione della fede, alla purificazione e all’elevazione della cultura, così che ogni Chiesa locale apporta alle altre Chiese i suoi doni a servizio dell’unità e della perfezione dell’insieme (LG 13). “E’ l’unità cattolica del popolo di Dio, unità che annuncia e promuove la pace universale” (l.c.). Così la Chiesa, mediante l’evangelizzazione e la promozione umana che l’evangelizzazione implica, promuove l’umanizzazione integrale dell’universo.

La Chiesa che vogliamo nel futuro e la Settimana della Fraternità

Continuiamo ad interrogarci sul significato e sulla portata che la Settimana della Fraternità ha nel nostro progetto pastorale di rinnovamento diocesano e di evangelizzazione.
Nella sua ultima sessione il Consiglio Presbiterale ha dato seguito alla riflessione del presbiterio provocata dalla domanda: La Settimana della Fraternità per il Presbiterio: un’iniziativa o una svolta?. Il confronto che ne è seguito non è stato un giocare alla previsione, ma il tentativo di liberare la “profezia” che lo Spirito Santo ha deposto nel nostro spirito. Vogliamo proporre alcune linee di riflessione per non lasciare cadere l’interrogativo e per offrire ulteriori opportunità di dialogo e confronto all’interno del presbiterio e tra i presbiteri e i laici.
Da quando siamo partiti con il processo di rinnovamento diocesano abbiamo sempre additato la Settimana della Fraternità come un “evento” di particolare significatività sia in relazione al cammino della prima tappa, kerigmatica, sia soprattutto in vista del futuro della nostra Chiesa di Patti.
La reale valenza della Settimana della Fraternità può emergere solamente dentro un contesto di tensioni e interrogativi orientati al futuro, più che al passato. Non ad un futuro generico, ma a quello desiderato, a quello legato alla virtù teologale della Speranza. Qual è  la differenza?
Il futuro generico normalmente favorisce un atteggiamento di rassegnata attesa di qualcosa che verrà comunque; solo ci si auspica che sia consono quanto più possibile ai desideri del momento.
Il futuro desiderato nasce e viene alimentato da un radicato senso della storia illuminato dalla fede nella divina rivelazione. Questa, infatti, ci permette di uscire dalla trappola della visione ciclica della vicenda umana che si consuma in un eterno ritorno, consegnandoci le coordinate per leggere già dentro la storia la sua vocazione di futuro e gli spazi che essa offre alla progettualità e creatività umane e alla profezia, le potenzialità che l’uomo possiede per cogliere quelle linee di futuro che corrispondono al disegno che Dio ha sulla storia umana.
Cosa c’entra tutto questo con la Settimana della Fraternità?
Se questa viene intesa come un’iniziativa, magari speciale, diciamo subito che non c’è alcun legame. Ma se il messaggio del Concilio e del Magistero successivo ha sprigionato un desiderio di rinnovamento, è stato accolto come una “vocazione” ad un rinnovato senso di missione e comunione, ha acceso il sogno di una Chiesa che riflette il volto di Cristo e si fa carico delle “gioie e delle speranze, delle tristezze e delle angosce degli uomini”, allora la Settimana della Fraternità rappresenta una svolta nel modo di concepire e gestire la pastorale.
La vera questione che sta dietro questa proposta non riguarda tanto i suoi contenuti e le modalità di svolgimento, quanto ciò che la comunità dei credenti desidera come futuro e quali scelte è disposta a fare per avvicinarsi a tale futuro.
Nella misura in cui dietro vi sono queste dinamiche, la Settimana della Fraternità diventa una forte domanda di scelte da maturare dentro un contesto di ascolto della Parola di Dio – che ci perviene dalla Sacra Scrittura, dal Magistero, dalla lettura dei segni dei tempi -, di preghiera, di dialogo, di discernimento. Al di fuori di questo circuito “spirituale”, nel senso che è governato dallo Spirito, sarà difficile cogliere il senso profondo di questo evento che stiamo preparando.

Per camminare "veramente" insieme

Questa prospettiva probabilmente può aiutare a uscire da certe preoccupazioni legate ad una determinata comprensione di taluni termini usati.
Per esempio: il Piano Pastorale dice che la Settimana della Fraternità sarà celebrata in una certa data di Novembre 2004. Di fatto noi abbiamo parrocchie che sono ragionevolmente pronte a celebrarla e parrocchie che invece sono in ritardo. Cosa comporta tutto questo?
La risposta è in quello che abbiamo detto prima. Se la Settimana della Fraternità dovrà segnare una svolta nel modo di essere Chiesa e cristiani, essa va celebrata quando nella comunità vi sono quelle condizioni che possono favorirne gli obiettivi. Se queste non vi fossero, vanno decise quelle attività che nel più breve tempo possibile le possano creare. Questo comporterà ovviamente il rinvio della celebrazione ad una data diversa da quella stabilita a livello diocesano, ma non la rinuncia a fare il cammino d’insieme. Il camminare insieme, infatti, non è il frutto di sincronismo cronologico, ma dell’unità d’intenti e dell’avere mete comuni. Tuttavia ciò non toglie il senso di responsabilità nel cercare di assicurare alla propria comunità quelle condizioni che la facciano sentire unita a tutte le altre comunità della diocesi.
Di fronte a questo stato di cose la tentazione di posizioni estreme è in agguato. C’è, infatti, chi ritiene che se non tutte le parrocchie sono pronte, la celebrazione della Settimana della Fraternità deve essere rinviata; e c’è chi si potrebbe ritenere libero di rinviare a tempo indeterminato l’esperienza. Come fare per uscire da queste eventuali situazioni?
Visto che siamo in un cammino inedito, tante volte definito “da pionieri”, il modo migliore per superare le difficoltà resta sempre il dialogo, il confronto, la collaborazione. Dobbiamo creare e rafforzare un circuito permanente di comunicazione tra tutte le parrocchie e le altre forme comunitarie presenti e operanti sul territorio diocesano. L’Ufficio Pastorale in questo circuito assume la funzione di coordinare l’interscambio e il servizio di dare il supporto metodologico e di sussidiazione che il processo richiede. Così la comunione prende una sua fisionomia, magari non perfetta, ma certamente vera.

Alcune precisazioni riguardo alla "Settimana della Fraternità"

L’avvicinarsi della celebrazione della "Settimana della Fraternità" e delle “cose pratiche da fare” sta riproponendo alcuni interrogativi nei presbiteri e negli operatori pastorali che fanno trasparire una non chiarezza sia in relazione alle finalità sottostanti l’evento, sia alle modalità della sua attuazione.
La cosa non sorprende, visto che ci troviamo di fronte ad un’esperienza inedita.
Pertanto volentieri torniamo sull’argomento, non senza avere prima rinnovato ancora l’invito a tenere aperti la comunicazione e il dialogo tra parrocchia ed Edap.
Con questa esperienza andiamo a determinare un certo orientamento per il futuro della nostra Chiesa e, soprattutto, per la sua concreta scelta del primato della evangelizzazione come modello pastorale.
L’evangelizzazione, infatti, è l’unica via di futuro che resta aperta per le nostre Chiese occidentali e di antica tradizione cristiana.
E l’evangelizzazione non è un semplicistico aumento di discorsi o piccoli espedienti a quanto si sta già facendo (che per altro corrisponde al primato della sacramentalizzazione e, quindi, ad altro metodo e altri criteri pastorali), ma un preciso modo di essere e di operare della Chiesa secondo regole, criteri, metodi, strutture ben precisi (Cfr EN 17-21).
Se non comprendiamo questo, qualsiasi iniziativa, compresa la "Settimana della Fraternità", avrà ben poco da dire alla storia e all’uomo di oggi, che pure con fiducia si attendono proprio dalla Chiesa risposte autentiche alle loro domande di senso.
È importante collocarci in questa cornice, che appare troppo ampia o “esagerata” solo a chi è miope.
Fatta questa premessa, passiamo alla presentazione della "Settimana della Fraternità" in forma schematica.

La "Settimana della Fraternità"

1. Il passo previo:
la formazione dei “Piccoli Gruppi di famiglie”
Le famiglie che nel corso della seconda visita hanno accettato di partecipare alla "Settimana della Fraternità" vengono organizzate dal Parroco e dall’Epap in “Piccoli Gruppi” di famiglie, tenendo come criterio principale la vicinanza.
Quando i “Gruppi” sono stati formati, viene organizzato un “incontro previo”, per dare la possibilità alle persone di incontrarsi, spiegare in che cosa consiste la "Settimana della Fraternità" ed eleggere tra di loro un moderatore, un coordinatore e un segretario.
Questi, a loro volta, verranno convocati insieme prima della "Settimana della Fraternità" per spiegare il loro compito e abilitarli al loro ruolo.

2. In che cosa consiste? È un’esperienza tipo.
La "Settimana della Fraternità" consiste in una esperienza di incontro tra le famiglie da realizzarsi nelle loro case e, in alcuni momenti specifici (l’inizio e la conclusione), in parrocchia.
Dopo la celebrazione iniziale in parrocchia, i “Piccoli Gruppi di famiglie” si riuniscono nelle case previamente stabilite per quattro sere (nel­l’orario più consono e comodo per i partecipanti) al fine di intavolare un dialogo su altrettanti temi: 1. Viviamo in un mondo in cambiamento; 2. Anche la Chiesa vive il cambiamento; 3. Essere liberi è la più grande aspirazione dell’uomo: essere liberi per che cosa? 4. È possibile essere fratelli?
Un giorno viene dedicato alla liturgia penitenziale comunitaria.
La domenica segna il culmine dell’esperienza con la celebrazione dell’Eucaristia e con la festa generale fatta di giochi, canti e balli.
Dietro questa dinamica ci sta un’anima: l’opera della Chiesa per favorire l’esperienza comunitaria della fede e della vita. Sia l’una che l’altra, infatti, non possono sussistere senza il contesto e il supporto della comunità. E oggi è proprio la dimensione comunitaria che è messa fortemente in crisi dal mito della “privacy” e dalla cultura individualista.
La "Settimana della Fraternità" vuole essere un’esperienza significativa e “forte” tesa a risvegliare la nostalgia e il desiderio dello stare insieme e del condividere l’esperienza fino al punto di far scaturire la decisione di darle continuità in una forma organica e ordinata.


3. Cosa si prefigge?
La graduale costituzione della Piccole Comunità.
Se la "Settimana della Fraternità" vuole essere un’esperienza tipo da continuare in forma organica e ordinata, vuol dire che il nostro intento non si vuole fermare alla sua semplice celebrazione.
È la scelta di voler perseguire un preciso modello storico di Chiesa, infatti, che sta all’origine e alla base di questa esperienza. Mediante essa tutti i battezzati, in qualità di famiglia o di singoli, li convochiamo costantemente in gruppi a dimensione umana in previsione di un loro sviluppo in Piccole Comunità o Comunità Ecclesiali di Base dove, complementariamente alla pastorale della Moltitudine, sia possibile fare un itinerario di fede organico e progressivo.
Pensiamo per un attimo quale potenzialità potrà svilupparsi nelle nostre parrocchie per la crescita nella fede dei battezzati mediante la presenza delle Piccole Comunità! Ecco perché vale la pena investire le migliori energie in questa esperienza.


4. Chi sono i soggetti di questa esperienza?
Le famiglie, i giovani, i ragazzi.
I veri protagonisti, nella "Settimana della Fraternità" prima e nelle Piccole Comunità poi, sono anzitutto le famiglie.
L’ideale sarebbe che le famiglie partecipassero al completo, ma quando questo non è possibile è importante che la persona presente partecipi a nome e per conto della sua famiglia: porti nel gruppo l’esperienza della famiglia e riporti in famiglia l’esperienza del gruppo.
Protagonisti sono anche i giovani e i ragazzi preadolescenti. Di questi tempi questa presenza può apparire molto problematica: non ci sfugge la difficoltà che hanno i genitori nel dialogare con i figli. Ma non possiamo rassegnarci che la comunità sia impoverita.
I giovani, infatti, hanno bisogno della memoria storica per costruire su basi solide il proprio futuro e quello della comunità; gli adulti, a loro volta, hanno bisogno della creatività dei giovani perché la loro esperienza fruttifichi e abbia futuro. Da qui l’importanza di favorire e incoraggiare la compresenza degli adulti e dei giovani nelle Piccole Comunità. In particolare nella "Settimana della Fraternità" i giovani e i ragazzi hanno il compito di preparare e animare la festa e i giochi che concluderanno l’esperienza.


5. Dove si svolgerà la "Settimana della Fraternità"? Nelle parrocchie e nei quartieri.

Anche se l’esperienza è a carattere diocesano (perché è la scelta della Chiesa diocesana), lo spazio di attuazione della "Settimana della Fraternità" è ogni parrocchia e, al suo interno, ogni zona pastorale o quartiere. La ragione è semplice: la "Settimana della Fraternità" è l’esperienza forte del “kerigma”, cioè della trasmissione della fede in Cristo risorto e unico Signore.
Un tale annuncio-comunicazione può avvenire solo dove si snoda la vita della Chiesa, e cioè la parrocchia e la casa dei battezzati. Il Vangelo non è qualcosa da sapere, ma la novità di vita che imprime alla storia un nuovo corso, un nuovo senso, una nuova gioia. Il Vangelo per natura sua va coniugato con la vita. Per questa ragione la vita delle Piccole Comunità è preferibile che si svolga dentro le case e non nei templi o altri locali religiosi. È un segno molto importante e in se stesso chiarificante; per questa ragione vanno incoraggiate le persone a superare le immancabili difficoltà iniziali ad aprire la propria casa a questo tipo di esperienza.


6. Quando si celebrerà la "Settimana della Fraternità"? A partire da Novembre 2004.

In fase di programmazione diocesana la celebrazione della "Settimana della Fraternità" è collocata nella settimana che va dal 21 al 28 Novembre 2004. L’ideale sarebbe che tutte le parrocchie potessero celebrare contemporaneamente un tale evento. Questo non è possibile per tante ragioni, ma non compromette affatto il cammino d’insieme.
Quanto detto precedentemente ha ribadito quale sia il senso e lo scopo di questa esperienza; pertanto è molto importante che la parrocchia celebri la "Settimana della Fraternità" quando ci sono le condizioni almeno minime.
Senza queste condizioni – la sensibilizzazione della comunità attraverso le iniziative mensili per almeno due anni, le strutture fondamentali (Epap, Lettera alle famiglie, Equipe di redazione, messaggeri, zone pastorali, coordinatori zonali…), la visita alle famiglie mediante i “Visitatori”, oculata formazione dei “Piccoli Gruppi di famiglie” – la "Settimana della Fraternità" non solo non otterrà l’obiettivo prefissato, ma comprometterà per molti anni altri tentativi del genere, perché nella coscienza generale resterà il ricordo di qualcosa che non ha funzionato.
In conclusione: per le parrocchie che sono in condizione di celebrarla la data della "Settimana della Fraternità" resta quella fissata in calendario; per le parrocchie che ancora non hanno le condizioni minime, la data della celebrazione va concordata con il Vescovo e l’Edap.
Ecco perché diciamo che la "Settimana della Fraternità" la celebreremoa partire da Novembre 2004.

7. Da quali regole è guidata? I criteri pastorali.
L’identità e gli obiettivi di un’esperienza sono dati dai criteri operativi che stanno alla base della stessa. Visto che il nostro vero obiettivo è la costituzione di tante Piccole Comunità in ogni parrocchia, ci sembra importante ricordare i criteri pastorali che stanno alla base di questo livello della pastorale per cominciare a tenerli presenti anche nella preparazione e attuazione della "Settimana della Fraternità".
1.   l’azione deve tendere alla formazione di gruppi di famiglie riunite per prossimità in cui si esprimono le diversità presenti nell’ambiente;
2.   l’azione deve convocare periodicamente tutti i battezzati a partecipare ai gruppi di famiglie in nome della fede;
3.   l’azione deve tendere a integrare nei gruppi familiari persone adulte, giovani e adolescenti a partire dai 12 anni;
4.   gli incontri devono essere almeno mensili, per il confronto tra fede e vita, con la possibilità di fare altri incontri di sola preghiera o di programmazione o di  valutazione;
5.   il metodo degli incontri deve essere quello del confronto tra fede e vita, con il conseguente impegno nel proprio ambiente;
6.   la pedagogia degli incontri deve educare al dialogo e favorire l’intercomunicazione della fede;
7.   l’azione e la vita dei gruppi familiari deve promuovere i leader naturali ed aiutarli ad assumere il ruolo loro proprio nella Chiesa a servizio della comunità ecclesiale e umana.
Queste “regole” devono essere costantemente tenute presenti sia in fase di programmazione che di attuazione e verifica, se vogliamo che l’esperienza conduca i battezzati alla maturazione della propria fede e al senso di appartenenza alla Chiesa.

Incontro previo dei Gruppi di Famiglie

Completata la seconda visita alle famiglie – che aveva come obiettivo di invitare le famiglie alla "Settimana della Fraternità", raccogliere le adesioni di coloro che accettano di partecipare e censire le famiglie che si sono dichiarate disponibili a mettere la propria casa a disposizione per gli incontri – l’Epap e i “Visitatori” provvedono alla formazione dei “Gruppi di Famiglie” avendo come criterio principale la vicinanza territoriale, ma tenendo conto anche delle indicazioni raccolte dai “Visitatori”.
È un lavoro che richiede tempo e discernimento.
Quando i Gruppi sono stati formati, bisogna decidere se organizzare l’incontro previo prima o dopo l’estate.
Obiettivo di questo incontro è permettere alle famiglie che compongono il gruppo di stare insieme, “vedere” da chi è formato, scegliere le persone che dovranno fare da moderatore, coordinatore e segretario durante la "Settimana della Fraternità".

Come procedere


L’incontro previo deve essere organizzato e guidato dalle coppie di “Visitatori”, facendo in modo che vadano in quei gruppi formati dalle famiglie che hanno visitato. Naturalmente questo non è un criterio assoluto, ma solo di opportunità. Saranno le situazioni concrete poi che suggeriranno a parroci ed Epap cosa sia meglio fare.
I passi da fare sono i seguenti.
1.    Ogni coppia di “Visitatori” organizza, in base al numero di gruppi che fanno capo a loro, i tempi in cui realizzare gli incontri previ per ciascun Gruppo di famiglie;
2.    vanno a fare una breve visita alla famiglia dove si riunirà ciascun gruppo, per concordare la data dell’incontro;
3.    passano poi a comunicare a tutte le famiglie e persone del “gruppo di famiglie” del luogo, giorno e ora dell’incontro;
4.    al giorno e ora stabiliti realizzano - seguendo la guida preparata dall’Edap - l’incontro, che avrà come oggetto:
* il perché della Settimana della Fraternità,
* spiegazione di come si svolgerà
*
breve spiegazione del compito e della necessità di un animatore, di un moderatore e di un segretario per il buon funzionamento del gruppo;
* aiuto alla scelta di: uno che faccia l’animatore del gruppo, un altro il moderatore e un terzo il segretario
5.    dopo l’incontro, ogni coppia di visitatori consegna al parroco o all’Epap l’elenco degli animatori, moderatori e segretari di ciascun “gruppo di famiglie” con indirizzo e telefono;
6.    l’Epap comunica all’Edap il numero di “gruppi di famiglie” e il nome e indirizzo dei loro animatori, moderatori e segretari.

In conclusione

Raccomandiamo ancora di mantenere i contatti con l’Edap man mano che si va procedendo, soprattutto se sopravvengono delle difficoltà o situazioni problematiche o imprevisti.
Trattandosi di un processo inedito ogni circostanza può essere preziosa per il proseguo del cammino non solo della parrocchia interessata, ma anche delle altre e, di conseguenza, della diocesi.
Qualora parroco ed Epap decidessero di realizzare l’incontro previo dopo l’estate ( praticamente non oltre settembre), è bene che facciano un calendario ben definito nelle date e negli appuntamenti (confrontare per questo il Piano Pastorale alla pag. 15 dal punto n. 13 in poi).
Ciò che ogni parrocchia decide va comunicato all’Edap, per consentire un migliore coordinamento.
In allegato al Notiziario Pastorale di Giugno 2004 è stata inviata ai Parroci la guida per l’incontro previo.

Testimonianze e Lettere sulla Settimana di Fraternità (formato PDF)