Il secondo anno del Cammino Sinodale per la nostra Diocesi alla luce delle indicazioni pastorali del Vescovo Guglielmo

“Affido a tutti voi la lettera pastorale con grande fiducia, nella consapevolezza che ogni servizio nella Chiesa è suscitato dall’amore di Dio riversato nei nostri cuori. Occorre ascoltare Gesù per imparare ad ascoltare l’altro”. Lo Spirito Santo ci spinga a camminare sulle strade dell’uomo, sorretti dalla speranza del Signore Risorto”.

Con tali parole il Vescovo, monsignor Guglielmo Giombanco, ha “accompagnato” la consegna della lettera pastorale “Ascoltare è servire” alle comunità parrocchiali, alle consacrate, ai gruppi, ai movimenti e alle associazioni, nel corso di una Liturgia della Parola celebrata nella Concattedrale “Santi Martiri del XX secolo”, momento conclusivo dell’Assemblea Ecclesiale Diocesana.

La lettera ritmerà il cammino della Chiesa diocesana nel secondo anno del cammino sinodale, per il quale è stata scelta l’icona evangelica di Marta e Maria.

“C’è il desiderio – ha esordito il Vescovo nel suo intervento – di camminare insieme, con un dialogo ed un confronto sinceri e costruttivi; un cammino di fede condiviso e di testimonianza”. Monsignor Giombanco ha proposto la sintesi di quanto emerso dagli incontri nei sei vicariati della diocesi, con le parrocchie chiamate a riflettere sugli spunti offerti da monsignor Erio Castellucci durante la prima “tappa” dell’Assemblea Ecclesiale Diocesana del 4 ottobre nel “Palauxilium” di Sant’Agata Militello.

“C’è la difficoltà – ha evidenziato il Vescovo – di ascoltare e di ascoltarci, per cui è necessaria una conversione personale e pastorale. Bisogna cercare nuove forme di comunicazione del Vangelo, senza imporre nulla. Nessuno, infatti, è padrone di ciò che Dio ci affida. Il primo passo, quindi, è lavorare su sé stessi”.

Il Vescovo si è, di seguito, soffermato sui “Cantieri di Betania”, proposti per il percorso sinodale, tre proposti dalla Cei – strada e villaggio, ospitalità e casa, diaconie e formazione spirituale – ed uno scelto da ogni chiesa locale. La Chiesa di Patti ha optato per il cantiere delle relazioni tra ragazzi-giovani e persone anziane, per coltivare il dialogo intergenerazionale, che, sicuramente, produce copiosi frutti.

Monsignor Giombanco ha, altresì, sottolineato l’importanza del discernimento, di un maggiore ascolto, nel rispetto della libertà altrui, della cura della liturgia, della carità, per la quale “il cuore fa muovere la mano”, dell’accoglienza.

Ha comunicato l’inizio del cammino di preparazione al diaconato permanente di alcuni laici, “perché la diaconia tiene viva la memoria di Cristo servo”. “Tutti – ha rimarcato con forza – siamo corresponsabili dell’annuncio del Vangelo”. Per questo ha auspicato la ripresa nelle parrocchie della lectio divina, la promozione di incontri di preghiera, di ritiri, specie nei tempi forti dell’Anno Liturgico. Ha anticipato la ripresa dei corsi di formazione biblica on line, già proposti durante la pandemia, e di formazione per lettore, accolito e catechista, e di corsi con lo stile di esercizi spirituali, da tenere verosimilmente nel seminario estivo di Castell’Umberto, per approfondire, a 60 anni dall’apertura del Concilio Vaticano II, la Gaudium et Spes e la Lumen Gentium, alla luce dell’Evangelii Gaudium di Papa Francesco.

“Ciò – ha evidenziato – ci permetterà di prendere ancor più coscienza di essere figli di Dio; noi apparteniamo a Dio, non al vescovo o al parroco”.

“Nelle nostre comunità – ha proseguito – dobbiamo avere il coraggio di scegliere la parte migliore. Le vocazioni nascono all’interno di comunità che pregano. Le nostre o sono comunità di fede o sono gruppi di persone che potrebbero benissimo incontrarsi in qualsiasi altro luogo”.

Auspicando che tutti abbiano il “desiderio di riscoprire il senso di appartenenza alla Chiesa”, Monsignor Giombanco si è anche soffermato sulla presenza della Chiesa sul territorio dioce­sano “per non restare ancorati a certe abitudini che oggi non hanno più motivo di esistere. Non hanno senso, ad esempio, servizi solo per mantenere le strutture. Dobbiamo concentrarci sugli obiettivi comuni e non sulle prerogative a cui non vogliamo rinunciare. Così la sinodalità diventa un vero processo di conversione”.

“Pertanto – ha concluso – dobbiamo puntare su una comunità ecclesiale che non resti ferma, ma avanzi orientata dal soffio dello Spirito, con una fede rinnovata e fresca, perché il nostro cammino sia fecondo”.

Nicola Arrigo