L’omelia del Vescovo Guglielmo alla Messa “In Coena Domini”

Con la celebrazione della messa in “Coena Domini” la Chiesa inizia il Triduo pasquale. Cioè fa memoria degli ultimi giorni della vita terrena di Gesù, medita sulle parole e sui suoi gesti di amore. 

1. La Parola proclamata, attraverso significati commemorativi ci aiuta a percepire, nell’intimo del cuore, cosa è avvenuto in quei giorni perché possiamo riviverlo insieme a Cristo anche oggi grazie al dono della fede.

All’inizio della Cena Gesù dice ai suoi discepoli: «ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi» (Lc 22,15). Nel cuore di Cristo vi è un profondo desiderio di stare con i suoi discepoli in un momento particolare della sua vita. Questa sera desidera stare anche con noi, perché anche noi siamo suoi discepoli. E noi? Veramente desideriamo di stare con Lui, sostenerlo con il nostro amore mentre Egli si avvia a vivere la sua ora. Gesù desidera stare con noi perché con il dono della sua vita vuole legarsi per sempre a noi.

Un legame che Egli anticipa attraverso gesti significativi: siede a tavola per vivere un momento di intimità fraterna; spezza il pane e passa il calice con il vino per anticiparci che Egli sarà sempre per noi: il pane che dona la vita e nutre la nostra esistenza di fede; il sangue versato per amore per purificarci dai peccati e far rinascere la vita. Quel pane e quel vino sono medicina e sostegno delle nostre povere vite: curano le malattie, ci liberano dai peccati, ci sollevano dall’angoscia e dalla tristezza. Sono segni che fanno sorgere in noi sentimenti di bontà, di servizio, di amore, di affetto, di tenerezza, di profonda umanità e di perdono: appunto i sentimenti di Gesù.

Sentimenti che invitano a credere che Gesù non vuole restare lontano da noi, ma vuole entrare dentro di noi con umiltà e amore.

2. La scena della lavanda dei piedi che questa sera ci è stata annunciata continua a mostrare che cosa significa per Gesù essere pane spezzato e vino versato per noi e per tutti. A cena inoltrata Gesù si alza da tavola, depone le vesti, si cinge i fianchi, si abbassa davanti ai discepoli e lava loro i piedi. Fa così con ogni discepolo, anche con Giuda che sta per tradirlo. Pietro si scandalizza perché il Signore lava i piedi, non ha compreso che a Gesù non interessa quella dignità che il mondo desidera e cerca  con affanno. A Gesù interessa un’altra dignità: «Chi è più grande tra di voi, chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve» (Lc 22,27). La dignità di Gesù non risiede nello stare seduto, come Maestro che è davanti ai suoi. La sua dignità sgorga dall’amare i suoi sino alla fine, di inginocchiarsi fino ai loro piedi; è la sua ultima grande lezione da vivo: «Capite quello che ho fatto per voi? Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono. Se dunque io sono Maestro e Signore ho lavato i piedi anche a voi, anche voi dovete lavarvi piedi gli uni gli altri. Vi ho dato l’esempio perché anche voi facciate come io ho fatto a voi» (Gv 13, 12-15). D’ora in poi colui che segue il Signore saprà che deve fare come Gesù: tradurre con umiltà la fede vivendo gesti carichi di amore e di umanità nel servizio ai fratelli e alle sorelle.

3. Il gesto compiuto da Cristo esorta i discepoli a chinarsi e a lavarsi i piedi gli uni gli altri. È un comando nuovo e che non lo troviamo tra gli uomini, esso viene da Dio ed è un grande dono che questa sera riceviamo. Gesù l’ha applicato per primo e beati noi se lo comprendiamo. Il Giovedì Santo ci insegna a come vivere e da dove iniziare a vivere: la vita vera non è quella di stare fermi nelle proprie sicurezze, nel proprio orgoglio, ma la vita secondo il Vangelo è piegarsi verso i fratelli e sorelle, iniziando dai più deboli. Tutti abbiamo bisogno di qualcuno che si chini verso di noi, come anche noi di chinarci verso i fratelli e le sorelle. Nella Cena del Giovedì Santo si svela davvero la grande umanità di Dio: il giorno dell’amore di Gesù che scende fino in basso, sino ai piedi dei suoi amici: e tutti sono suoi amici, anche chi lo sta per tradire. Da parte di Gesù nessuno è nemico, tutto per Lui è amore e comprensione nel perdono; questo ci fa capire che lavare i piedi non è un gesto, è un modo di vivere.

Il dono del pane e del vino, il dono della vita e il volto di compassione di Gesù servo per amore, hanno un suo luogo di verità: quando li ritroviamo, con lo stesso splendore, ai piedi di ogni fratello. E a quei piedi, se sapremo inginocchiarci, che scopriremo accanto a noi il Signore e lui ci insegnerà ancora a lavarli e ad asciugarli, con la stessa tenerezza e umiltà con cui ha lavato e asciugato, in quella cena i piedi dei suoi discepoli.

4. Questa sera anche noi, nella fede, sediamo con Cristo alla stessa mensa e siamo invitati a chinarci sul suo cuore per attingere la forza di amare.

Terminata la Cena Gesù si incammina verso l’orto degli ulivi dove non solo si inginocchia, ma si stende a terra preso dall’angoscia e dal dolore. Lasciamoci coinvolgere dal suo dolore e sosteniamolo con il nostro amore come Lui ci ha insegnato. Restiamo con Lui in quell’orto pensando alle Sue parole: «Non siete stati capaci di vegliare con me un’ora sola?… La mia anima è triste fino alla morte; restate e vegliate con me» (Mt, 26,38). Questa sera mentre accompagniamo Gesù verso la passione, restiamo e vegliamo con Lui e diciamogli il nostro affetto. Contempliamo in Lui il Signore che si dona per noi nel desiderio di conformarci a Lui e di renderci capaci di esprimere con la vita la ricchezza del suo amore. Amen!