L’omelia del Vescovo Guglielmo alla “Messa Crismale”

Carissimi fratelli e sorelle nel Signore,

​1. Desidero rivolgere, con fraterno affetto, un saluto agli Ecc.mi Vescovi Mons. Carmelo Ferraro e Mons. Ignazio Zambito  già  degnissimi pastori della nostra Chiesa nella quale hanno seminato ottimi semi evangelici nei solchi della sua storia ecclesiale. A loro va la nostra gratitudine perché con la loro presenza, oggi tra noi, confermano  i vincoli di affetto e di ministero che li legano ad essa.

​Saluto voi cari confratelli presbiteri, diaconi, seminaristi, religiose e fedeli laici. Per me vescovo è sempre una grande gioia e un conforto interiore incontrare tutti voi e pregare con voi e per voi attorno all’altare del Signore.

​Con il cuore colmo di gratitudine al Signore celebriamo la Messa crismale che ci vede riuniti come presbiterio, per la prima volta, dopo le restrizioni a motivo dell’emergenza causata dal Coronavirus. Abbiamo vissuto un tempo di privazioni nel ministero e nelle relazioni interpersonali che ha sconvolto i nostri programmi, le nostre agende, le nostre priorità e ci ha resi inaspettatamente fragili e vulnerabili, ma è stato anche un tempo fecondo di bene e carico di speranza attinta dalla Risurrezione di Cristo.

​Noi presbiteri questa mattina con la stessa commozione interiore, percepita ogni Giovedì Santo, abbiamo la gioia di rinnovare le promesse sacerdotali, di confermare la nostra fedeltà a Cristo che ci ha scelti con “affetto di predilezione” e di manifestare, ancora una volta, il nostro amore alla Chiesa.

​2. La celebrazione odierna è caratterizzata dal rito della benedizione degli Oli degli infermi, dei catecumeni e del crisma, inserito nell’eucaristia per sottolineare il mistero della Chiesa come sacramento totale del Cristo che santifica ogni realtà e situazione di vita…Così dal Capo si diffonde in tutte le membra della Chiesa e si espande nel mondo il buon odore di Cristo.​

​«La messa crismale è quasi epifania della Chiesa, corpo di Cristo organicamente strutturato nei vari ministeri e carismi….e manifesta la stretta unione dei presbiteri e dei diaconi con il vescovo nel sacerdozio ministeriale, insieme alla realtà dell’unico sacerdozio battesimale che è il fondamento stesso del sacerdozio ministeriale» (CEI, Premesse generali Rito benedizioni degli Olii e Dedicazione della Chiesa).

​Questa celebrazione la viviamo tra l’Ascensione e la Pentecoste due eventi che adempiono le parole di Gesù: “Io vado al Padre” (Gv 14,12) e “avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni fino ai confini della terra”(At 1,8). Sono parole che esprimono una nuova presenza di Gesù nella storia per mezzo dello Spirito. Non lo si vede più come durante la sua vita terrena e neppure come nelle apparizioni da Risorto, ma lo si vede con gli occhi del cuore, così la tristezza dei discepoli per la Sua assenza si cambia nella gioia della Sua presenza.

​3. La Parola proclamata ci esorta a meditare sulla identità e sulla missione del Figlio attraverso la prefigurazione profetica di Isaia e le parole annunciate da Gesù nella Sinagoga di Nazaret e invita anche a  riflettere,  alla luce di Cristo servo, sul significato della nostra presenza e del nostro ministero in un tempo segnato da profonde trasformazioni umane e da evidenti smarrimenti che ci inducono ad aprirci alla dinamiche dello Spirito che suscitano sempre vita nuova e cuore nuovo.

​I segni dei tempi, nell’uso cristiano, non possono essere ridotti ad un elemento della lettura sociologica soggettiva che registra i fatti salienti di una determinata epoca, ma sono la cifra della prassi messianica. Un “segno dei tempi”, letto e interpretato alla luce della fede, diventa «presa di coscienza» e cioè il segno di una nuova stagione storica…. Ci poniamo allora la domanda: cosa chiede questo tempo a noi Chiesa in cammino nella storia e, particolarmente, a noi presbiteri?

​a) Ministri di consolazione

4. Il Profeta Isaia proclama che il Messia sarà il consacrato dallo Spirito, il Servo che reca la lieta notizia di un anno di grazia da parte del Signore, un anno di favore divino che si attua mediante la liberazione da ogni male e la consolazione degli afflitti; il cui cuore spezzato è ora allietato dal canto della lode. Ma il Signore – proclama il Servo – farà di più: i rimpatriati dall’esilio non ricostruiranno soltanto Gerusalemme e il Tempio, non miglioreranno semplicemente la loro condizione rispetto a prima. Essi saranno chiamati sacerdoti e ministri del Signore, compiendosi in tal modo la parola che il Signore aveva pronunciato davanti a Mosè sul popolo: «Voi sarete per me un regno di sacerdoti e una nazione santa» (Es 3,6a).

In un tempo di difficoltà e di incertezze come quello che stiamo vivendo il nostro compito è consolare coloro che sono afflitti da vari prove, esprimere vicinanza a chi ha il cuore inaridito per mancanza di affetto e di comprensione, ridare speranza a chi è smarrito, farsi prossimo a chi vive l’angoscia della solitudine. Un tempo che educa a condividere le prove e le fatiche del popolo che se vissute insieme fanno nascere e alimentano la fiducia nella vita.

Nei mesi precedenti abbiamo vissuto un’esperienza di privazione delle cose più care e importanti del nostro ministero; ma in queste privazioni mai abbiamo avvertito l’assenza di Cristo; non siamo stati privati di Lui e i vuoti che si sono creati, per varie circostanze, sono stati colmati dalla Sua presenza che abbiamo percepito nel lungo silenzio delle nostre liturgie che ci ha riportati a vivere un’altra liturgia, quella della storia intrisa di sofferenze, di privazioni e di richieste di aiuto e ci ha spinti, ancor di più, ad intensificare l’ascolto di Dio e dell’uomo. A questo siamo chiamati, è questo l’olio di  letizia che il popolo attende da noi ministri di consolazione ed è in questo ambito che il nostro essere servi, ad immagine di Cristo, acquista visibilità e fecondità. Questo è il tempo propizio per confermare, con la nostra testimonianza, la certezza che il Signore è con noi, ci sostiene, ci aiuta e ci indica nuove vie per servire il suo popolo. Particolarmente a noi presbiteri viene chiesto il ministero della consolazione che è certamente uno dei più tipicamente evangelici. Ci incoraggiano in questo servizio le parole di Paolo: «Benedetto sia Dio….Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione, il quale ci consola in ogni tribolazione perché possiamo anche noi consolare quelli che si trovano in qualsiasi genere di afflizione con la consolazione con cui siamo consolati noi stessi da Dio» (2 Cor 1,3). Consolati da Dio, per consolare i fratelli e al tal proposito desidero ringraziare tutti voi per la testimonianza che avete dato al nostro popolo, in questi mesi difficili, di solidarietà, di vicinanza, di sostegno e di consolazione.

b) Ministri di speranza

5. Le celebrazioni che abbiamo vissuto, pur con l’assenza del popolo a motivo delle restrizioni, ci hanno permesso di incontrare ugualmente il Risorto, di contemplarlo vivo e presente tra noi. La rivelazione che abbiamo ascoltato nel brano dell’Apocalisse, è connessa strettamente con l’incontro personale con il crocifisso-risorto. Giovanni contempla il Cristo assiso alla destra di Dio e al tempo stesso considera le difficoltà vissute dalla sua comunità. È bello questo duplice sguardo: legge la vita della comunità dalla prospettiva del crocifisso‒risorto e, nello stesso tempo, fa memoria del passato della Pasqua, ne sperimenta la fecondità nel presente e anela al compimento futuro. Il veggente si rivolge ad una comunità in crisi e scrive questo testo per aiutare le persone, che condividono la fede cristiana come lui, a rimanere fondati in Cristo, ad alzare lo sguardo verso di Lui che ora regna glorioso. Per questo egli lo proclama: il testimone degno di fede, il primogenito dei morti, il sovrano dei re della terra. La situazione che stiamo vivendo mostra i segni di un travaglio umano che accomuna tutti e chiede noi presbiteri di essere testimoni di speranza tenendo fisso lo sguardo della fede in Cristo Risorto. Chi incontra noi, deve percepire la presenza del Risorto che invita a non atterrare la speranza nei momenti di buio e di incertezza. Dobbiamo percorrere tutte le strade possibili per portare negli ambienti dove l’uomo soffre la speranza generata dal Risorto come buona ragione per vivere. Il nostro compito di pastori è annunciare a tutti che il Risorto è veramente il testimone fedele, colui che mantiene viva la fedeltà di Dio che negli eventi della storia spesso sfugge all’occhio dell’uomo, ma appare allo sguardo della fede. Saremo veramente ministri di speranza se la nostra vita e il nostro ministero sono radicati in Cristo Risorto. Le comunità a noi affidate, in questo tempo di varie prove, saranno animate dal coraggio e dalla fiducia se noi le aiutiamo a contemplare il Risorto per dare spazio nei loro cuori alla speranza.

c) Ministri oranti per il popolo

6. Nel brano del Vangelo proclamato, Gesù «secondo il suo solito dei sabato, si recò nella sinagoga di Nazaret e si alzò a leggere la Scrittura» (Lc 4,16). Gesù non spiega il testo, nè si attarda sulle applicazioni morali di esso come si faceva abitualmente nella sinagoga, ma attira l’attenzione sull’evento: la sua venuta. La profezia si è  compiuta in Lui e Luca usa l’avverbio “oggi” per indicare che la storia degli uomini sta attraversando un momento eccezionale di grazia che si prolunga nel tempo della Chiesa. Dalla venuta di Gesù in poi tutto il tempo è un tempo di grazia, perché Egli rimarrà per sempre il grande intercessore dell’umanità presso il Padre. Come non pensare al nostro compito di intercessori presso di Dio del nostro popolo. Come presbiteri non dobbiamo mai tralasciare il nostro dovere primario di pregare per il popolo che ci è affidato. Quello che abbiamo vissuto in questi mesi ci ha riportati a valorizzare la cosa più importante del nostro ministero: la preghiera che è stata sempre presente, ma che oggi siamo chiamati a viverla con una consapevolezza rinnovata. Questo tempo nel quale siamo stati sottratti a tanti impegni pastorali ci ha spinti a tornare al posto che ci spetta: raccolti in preghiera per parlare a Dio del nostro popolo e pronti ad ascoltare la Sua Parola e la presenza del Signore. Questo non significa disimpegno dalle attività pastorali, ‒ ma come ho scritto nella Lettera Sale della terra e luce del mondo ‒ «La preghiera sintonizza la nostra vita con il Signore e ci rende attenti alle esigenze della comunità e dei fratelli con uno sguardo sapienziale che si ottiene nel colloquio con Dio».

La preghiera ci aiuta a capire in profondità il nostro ministero e ci dona  anche la luce per leggere con evangelica umiltà e ricchezza di umanità le attese, le angosce e le gioie dei nostri fratelli e delle nostre sorelle che forse conosciamo ben poco e meritano maggiore ascolto e comprensione. La preghiera ci conduce ad annunciare agli uomini l’amore di Dio; in questo modo facciamo sì che non si sentano gettati semplicemente nell’esistenza, in un mondo freddo, senza speranza e senza orientamento, ma possano percepire che a noi interessa la gioia degli altri, recare il lieto annuncio.

Come Gesù nella sinagoga proclamò ad alta voce la Scrittura, il  nostro compito è annunciare con la forza della vita il Suo Vangelo, incarnato in parole e gesti umani, per permettere agli uomini di vivere umanamente il rapporto con Dio altissimo e invisibile attraverso la nostra testimonianza.  

7. Cari fratelli e sorelle, da questo luogo sacro che ci parla della fiducia di Maria impariamo ad accrescere la fede nel Signore e ascoltiamo con docilità la Sua Parola che in un tempo come l’attuale ci invita a fidarci ancor di più di Lui perché la nostra presenza di Chiesa, inviata nel mondo che si presenta spesso come mare agitato da eventi inattesi, confermi la certezza che Gesù non ci abbandona mai, è sempre con noi. Come i discepoli, perciò, accogliamo l’invito del Maestro che ci chiede di assumere nuove strade, nuove forme di presenza e di servizio e ci ripete : «prendete il largo e gettate le reti dall’altra parte… dalla parte destra» (Gv 21,6) e noi come Pietro risponderemo: «sulla Tua Parola getteremo le reti» (Lc 5,5) e così torneremo a sperimentare la gioia del servizio fecondo di bene. Amen!