L’omelia di Mons. Guglielmo alla Celebrazione della Passione

Fratelli e Sorelle!

            Viviamo questo momento di mesta meditazione e di silenzio con il cuore colmo di dolore anche a motivo della situazione di smarrimento che stiamo vivendo e avvertiamo come non mai il bisogno di  contemplare il Cristo sofferente con la certezza che il nostro sostare dinanzi a Gesù diventi seme di speranza per l’intera umanità.

            Dinanzi all’immagine del Cristo sofferente i nostri  pensieri, i nostri sentimenti sono tornati a quel giorno terribile ed ignobile, quando il giusto venne messo a morte per nascondere la cattiveria che domina il cuore dell’uomo. Una storia che si ripete ancora ai nostri giorni con violenze delitti, falsità, prepotenze: sono sempre i buoni, i più deboli, gli indifesi a pagare.

            Quel “Venerdì Santo” vissuto da Cristo sostiene e conforta i tanti “venerdì” di dolore che si susseguono nel cammino della storia dove i crocifissi continuano ad esistere perché ancora vi sono tanti crocifissori. Sono tante le persone, e in questi mesi ne abbiamo prova, che vivono interminabili “venerdì di dolore” perché visitati dalla sofferenza: si trovano soli con Cristo sulla croce. Vi è anche la solitudine di tante famiglie che vivono il dolore lontani dai lori cari e privati dagli affetti; famiglie sole e abbandonate nei vari disagi causati dalla precarietà e dalla mancanza del necessario. Il male si presenta come un ombra oscura che investe il mondo e la vita delle persone, come il Venerdì santo di duemila anni fa: «appena Gesù fu crocifisso si fece buio su tutta la terra»: il male genera buio nel cuore dell’uomo e purtroppo il mondo è invaso da esso e il male è male perché fa male a tutti non solo a chi è diretto, ma anche a chi lo compie. Esso genera odio, egoismo, smarrimento. Ma il male va combattuto con il bene che è l’espressione più feconda dell’amore e della bontà di Dio. Il bene che tutti dobbiamo difendere e promuovere e anche gridare con forza.

            Dall’alto della croce lo sguardo di Cristo acquista proporzioni più ampie perché è uno sguardo dilatato dall’amore. Il mondo si sta disumanizzando perché si sta spegnendo l’amore.

            La strada del Calvario non si è chiusa definitivamente con il sacrificio di Cristo, ma è rimasta aperta perché tante persone, segnate dalla sofferenza e dal dolore, la percorrono portando la propria croce. Cristo ci ha insegnato a percorrere questa strada e ad affrontare le prove che essa presenta con la forza dell’amore. E’ questa forza che suscita  nell’animo  il coraggio; è questa forza che genera nel cuore la speranza; è questa forza che accresce la fiducia nella vita.

            Tutti noi viviamo momenti di sofferenza, di smarrimento e svuotamento interiore, di povertà umana, di non senso della vita. Nello stesso tempo, però avvertiamo, che durante queste momenti non siamo soli, come non lo siamo in questa tempo: Cristo è con noi.

            Cristo con la sua morte in croce ci libera dalla dittatura dell’ indifferenza e  ci rende capaci di amare e di sperare,  di stare dentro la storia. Uomini e donne che non vivono in fuga, ma senza clamore e chiasso operano il bene in modo molto concreto nelle trame dell’esistenza quotidiana. Sperare è saper guardare come guarda Dio, raggiungere il tempo, la storia, gli altri come Lui li ha raggiunti e continuamente li raggiunge: amando, soffrendo e donando la vita.

            Un tempo difficile il nostro che ci chiede di consolidare la vita di fede e la nostra maturità umana con gesti carichi di amore e ricchi di umanità. La morte di Cristo ci porta la notizia dell’amore che genera vita nuova nelle nostre famiglie, nel mondo intero.             Contemplando il Crocifisso chiediamo a Gesù per la potenza del sua sangue versato, il dono della sensibilità del cuore affinché nel mondo non si spenga l’amore e rinascano sentimenti di solidarietà che fanno ritrovare se stessi nella verità dell’amore di cui tutti ne abbiamo bisogno e ne sentiamo tanta nostalgia.